Innumerevoli sono le contrapposizioni, le dispute, le cause civili per la liquidazione del danno al veicolo quando i costi per la riparazione superano il valore commerciale della vettura
Di Bianca Pascotto
Da sempre i liquidatori di tutte le compagnie RCA in questi casi offrono un importo così determinato:
1) valore della vettura danneggiata ante sinistro (valore commerciale);
2) – il valore residuo della vettura danneggiata (relitto);
3) + i costi per la rottamazione, la tassa di circolazione non goduta e l’immatricolazione del veicolo sostitutivo.
Il tutto con manifesto malcontento del danneggiato che si trova costretto a demolire il suo veicolo (”che andava bene”), perché l’importo offerto non gli permetta una sua degna sostituzione, oppure a dover sborsare di tasca propria il costo del carrozziere, per differenza, se decide di riparare il mezzo.
Ad onor del vero alcuni liquidatori più lungimiranti non negano la liquidazione di quelle spese di riparazione che, pur superiori al valore commerciale della vettura, rientrano comunque in un perimetro accettabile, in un range che non denota “l’approfittamento“ del danneggiato.
Ecco che in tal senso, ora, qualcosa si muove a conforto del danneggiato, o più correttamente la Cassazione[1] rafforza, enfatizzando, un principio da sempre esistente (art. 2058 comma 2 c.c.) ma ora declinato in una nuova prospettiva.
IL CASO
Il Giudice di Pace di Brindisi condanna la compagnia X a pagare l’importo di € 3.680,50 a favore di Tizio, in concorso di colpa nella misura del 50% ed € 1.338,42 a favore di Caia per le lesioni subite.
Impugnata la sentenza, il Tribunale di Brindisi, pur accertando un minor grado di concorso di colpa a carico di Tizio, riduce ad € 2.144,04 il quantum per il danno al veicolo, perché i costi di riparazione della vettura risultavano pari al doppio del suo valore commerciale. Al contempo riduce anche il risarcimento del danno alla persona quantificandolo nella somma di € 981,14.
Con due motivi di ricorso (si affronta solo il primo ndr) Tizio e Caia adiscono al Supremo Collegio.
LA SOLUZIONE
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