Nel 2021 le denunce di infortunio del settore manifatturiero, dopo il forte calo del 2020 sono aumentate del 17,1%, rimanendo comunque su livelli inferiori al triennio 2017-2019
Dopo il forte calo del 2020, nel 2021 le denunce di infortunio sul lavoro nell’industria manifatturiera, che si contraddistingue per la varietà e complessità di attività svolte, sono aumentate del 17,1%, rimanendo comunque su livelli inferiori rispetto al triennio 2017-2019. Nello stesso periodo – si legge nel nuovo numero di Dati Inail – i decessi hanno fatto registrare una contrazione di 40 denunce, ma sul dato del 2020 hanno pesato molto di più le morti legate alle infezioni da Covid-19 di origine professionale. Le 208 vittime del 2021, infatti, sono in linea con il dato medio del triennio pre-pandemia.
Gli addetti sono 3,7 milioni
A fare il punto della situazione di questo settore produttivo, che nel 2021 dava lavoro a un numero medio di 3,7 milioni di addetti, di cui soltanto poco meno di 800mila (il 21% del totale) impiegati presso imprese con meno di 10 dipendenti, è il nuovo numero del periodico Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, che sottolinea la forte vocazione all’export delle nostre imprese manifatturiere, che quest’anno esporteranno per la prima volta più del 50% del proprio fatturato complessivo, e il ruolo leader che spesso esercitano a livello europeo o mondiale, investendo in innovazione tecnologica e ricerca scientifica per rimanere competitive sui mercati globali.
L’incremento dei casi ha interessato quasi tutte le attività
L’aumento delle denunce di infortunio rilevato nel 2021 ha interessato tutte le attività a eccezione della fabbricazione di prodotti farmaceutici (-10,3%) e dell’industria del tabacco (-19,4%).
Le attività nelle quali si contano più infortuni e casi mortali sono la fabbricazione di prodotti in metallo (22% delle denunce e 23% dei decessi di tutto il manifatturiero) e la fabbricazione dei macchinari (13% per entrambi).
Gli infortunati sono prevalentemente uomini (85%), con differenze significative, però, tra i vari comparti: nell’abbigliamento sono meno di un terzo, nella farmaceutica circa il 60%, mentre sono la quasi totalità – più di nove casi su 10 – nella metallurgia e, in generale, nelle industrie che lavorano minerali e metalli.
Oltre i tre quarti delle denunce sono concentrate nel Nord del Paese, il 14% nel Centro, il 10% circa nel Meridione. Per gli eventi mortali si osserva che è più bassa la quota del Nord (65%), mentre sono più elevate le incidenze al Centro (17%) e nel Sud e Isole (18%).
La gran parte degli infortuni avviene in occasione di lavoro con un’incidenza che è costante nel quinquennio 2017-2021 (84%), a meno del 2020 anno in cui si rileva un aumento di circa due punti percentuali. Per i decessi, si sottolinea per l’occasione di lavoro un incremento rilevante nel 2020 (si sale all’83% dal 63% medio del 2017-2019, soprattutto per effetto dei contagi professionali mortali contratti in occasione di lavoro e quantificabili in poco meno di sessanta unità); nel 2021 la modalità di accadimento in questione riguarda 7 morti su 10.
Nell’ultimo quinquennio in crescita l’età degli infortunati
Nel 2021 poco più di tre infortunati su 10 avevano più di 49 anni, percentuale che sale al 54% se si considerano i casi mortali. Le lavoratrici infortunate sono generalmente più anziane. Quelle con più di 49 anni rappresentano infatti il 35,7%, mentre tra gli uomini la stessa classe di età è pari al 30,1% del totale. Dall’analisi dei dati emerge anche il progressivo invecchiamento degli infortunati, più marcato per le lavoratrici rispetto ai lavoratori: nel quinquennio 2017-2021 la quota di ultra 49enni cresce di quattro punti percentuali per le donne e di due punti nel caso degli uomini. Oltre i tre quarti delle denunce sono concentrate nel Nord del Paese, il 14% nel Centro e circa il 10% nel Meridione, mentre per i decessi scende la quota del Nord (65%) e sono più elevate quelle del Centro (17%) e del Sud e Isole (18%).
Le tecnopatie verso i livelli pre-pandemia
Per quanto riguarda le malattie professionali, le più frequenti nel settore manifatturiero sono quelle a carico del tessuto muscolare e del tessuto connettivo, che colpiscono in prevalenza i maschi: considerando le sole patologie definite positivamente, nel 2021 sono state 2.402 su un totale di 3.958 casi. Seguono, con 754 casi in totale, le malattie del sistema nervoso, che vedono maggiormente interessate le donne (393 denunce). Nel quinquennio 2017-2021 l’andamento delle denunce è stato in crescita fino al 2020, quando il forte shock dovuto alla pandemia si è tradotto in un calo del 26,4% rispetto al 2019, da 10.891 a 8.018 casi. Nel 2021, invece, con la ripresa delle attività, le patologie lavoro-correlate denunciate sono state 10.083, in crescita del 25,8% rispetto all’anno precedente.
Quasi un terzo delle malattie nella fabbricazione di prodotti in metallo e nelle industrie alimentari
Nello stesso quinquennio risulta evidente come la fabbricazione di prodotti in metallo e le industrie alimentari, raccolgano oltre il 30% delle denunce, registrando rispettivamente il 15,9% e il 14,3% del totale. Insieme alla fabbricazione di macchinari e apparecchiature (8,2%), alla fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (7,2%) e alla fabbricazione di altri mezzi di trasporto (6,6%) si supera il 50% del complesso delle tecnopatie denunciate all’Inail nel periodo preso in considerazione
Il 71,4% delle patologie denunciate riguarda il personale maschile
In ottica di genere, l’intero settore manifatturiero registra un numero di denunce decisamente più elevato da parte dei maschi. Nel 2021, su un totale di 10.083 malattie, il 71,4% è stato riportato dai lavoratori, mentre per le femmine la quota è stata del 28,6%. Queste proporzioni rimangono pressoché invariate lungo tutto l’arco del quinquennio, ma in alcune particolari lavorazioni, svolte prevalentemente da personale femminile, il rapporto tra i generi si inverte. Nella confezione di articoli di abbigliamento – confezione di articoli in pelle e pelliccia, per esempio, su un totale di 352 casi denunciati nel 2021 ben 311, pari all’88,4%, hanno interessato le lavoratrici.
Il rischio cancerogeno nella lavorazione del legno
Dopo l’analisi dell’andamento infortunistico e tecnopatico, il nuovo numero di Dati Inail dedica anche un approfondimento al rischio connesso alla dispersione nell’aria delle polveri di legno duro, classificate dalla Iarc (International Agency for Research on Cancer) come cancerogeni certi per l’uomo. Gli oneri legati alle misurazioni da effettuare nell’ambito di monitoraggi ambientali sono particolarmente elevati per le aziende artigiane e per le micro, piccole e medie imprese che si dedicano alle attività di prima e seconda lavorazione del legno. Di qui l’impegno dell’Istituto in approfondimenti igienistico-industriali e monitoraggi ambientali per individuare soluzioni e misure di prevenzione e protezione atte a mitigare i livelli di rischio, dando la precedenza alle aziende artigiane e alle imprese di dimensioni più piccole.