A fine marzo 2023, le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari sono 10,4 milioni, in crescita di 119.000 unità (+1,2 per cento) rispetto alla fine del 2022, secondo quanto rileva la Covip in una nota.
A tali posizioni, che includono anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti di 9,350 milioni (+1,2 per cento).
Nei fondi negoziali si registrano 67.000 posizioni in più rispetto alla fine dell’anno precedente (+1,8 per cento), per un totale di 3,873 milioni. Quasi metà dell’incremento delle posizioni registrato nel trimestre, circa 30.000 unità, deriva da adesioni contrattuali del settore edile; circa 9.000 unità in più risultano nel fondo del pubblico impiego per il quale è attivo il meccanismo di adesione, anche tramite silenzio-assenso, per i lavoratori di nuova assunzione. Per le forme pensionistiche di mercato, si rilevano 29.000 posizioni in più nei fondi aperti (+1,6 per cento) e 18.000 posizioni in più nei PIP (+0,5 per cento); alla fine di marzo, il totale delle posizioni in essere in tali forme è pari, rispettivamente, a 1,871 milioni e 3,716 milioni di unità.
Le risorse in gestione e i contributi
Le risorse destinate alle prestazioni sono, a fine marzo 2023, pari a 211 miliardi di euro, rispetto ai 205 miliardi di dicembre 2022. L’aumento è dovuto per circa due terzi al miglioramento dei corsi dei titoli in portafoglio e per il rimanente terzo ai flussi contributivi al netto delle uscite. Nei fondi negoziali, l’attivo netto è di 63,3 miliardi di euro, crescendo del 3,7 per cento rispetto a dicembre; esso totalizza 29,4 miliardi nei fondi aperti e 46,5 miliardi nei PIP, rispettivamente, il 5 e il 2,1 per cento in più nel confronto con la fine dell’anno precedente.
Nel corso dei primi tre mesi del 2023 i contributi incassati da fondi negoziali, fondi aperti e PIP sono stati pari a 3,6 miliardi di euro, con una crescita del 7,8 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2022. L’incremento si riscontra in tutte le forme pensionistiche, variando dal 9,2 per cento nei fondi negoziali e nei fondi aperti, al 4,7 per cento nei PIP.
I rendimenti
Nei primi tre mesi del 2023 in tutte le tipologie di forme pensionistiche e in tutti i comparti si registrano in media risultati positivi, in particolare nelle gestioni con una maggiore esposizione azionaria, recuperando in parte le perdite in conto capitale rilevate nel 2022.
I comparti azionari hanno, infatti, registrato guadagni in media pari al 3,6 per cento nei fondi negoziali, al 4,4 nei fondi aperti e al 3,4 nei PIP. Rialzi anche per le linee bilanciate, con rendimenti medi del 2,4 per cento nei fondi negoziali, 3,3 nei fondi aperti e 2 per cento nei PIP; più contenuti, ma ora tornati positivi, sono i rendimenti dei comparti obbligazionari e garantiti.
Valutando i rendimenti su orizzonti temporali più coerenti con le finalità del risparmio previdenziale, nel periodo che ai dieci anni da inizio 2013 a fine 2022 aggiunge anche i primi tre mesi del 2023, i rendimenti medi annui composti delle linee a maggiore contenuto azionario si collocano, per tutte le tipologie di forme pensionistiche, tra il 4,9 e il 5,2 per cento; per le linee bilanciate, i rendimenti medi vanno dall’1,9 per cento dei PIP di ramo III, al 2,8 dei fondi negoziali e al 3,1 dei fondi aperti.
Viceversa, le linee garantite e quelle obbligazionarie pure mostrano rendimenti medi vicini allo zero o di poco superiori; le gestioni separate di ramo I dei PIP, che contabilizzano le attività al costo storico e non al valore di mercato, ottengono un rendimento dell’1,9 per cento. Nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari al 2,4 per cento.
Osservando la distribuzione dei risultati dei singoli comparti tra le diverse tipologie di forma
pensionistica e le diverse linee di investimento, gran parte dei comparti azionari e bilanciati mostrano rendimenti più elevati rispetto agli altri e al TFR. Essi mostrano anche una maggiore dispersione dei risultati rispetto alle altre tipologie di comparto per i fondi aperti e per i PIP di ramo III, ma non per i fondi negoziali.