GIURISPRUDENZA

Autore: Ginevra Begani
ASSINEWS 343 – luglio/agosto 2022 

Il valore probatorio da attribuire alle dichiarazioni contenute nel modulo C.A.I. (Constatazione Amichevole di Incidente) a doppia firma dei conducenti coinvolti in un sinistro stradale è stata una questione dibattuta in giurisprudenza.

Per comprendere i termini del problema è necessario riassumere schematicamente alcuni presupposti legislativi e giurisprudenziali:

1) in tema di risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, anche in caso di indennizzo diretto, il proprietario-assicurato, responsabile civile, è sempre litisconsorte necessario del proprio assicuratore, mentre il conducenteresponsabile, coobbligato in solido con il responsabile civile, è solo litisconsorte facoltativo;

2) le dichiarazioni contenute nel modulo C.A.I. rappresentano a tutti gli effetti una confessione stragiudiziale resa dal conducente responsabile. Ai sensi dell’art. 2735, comma 1 c.c., “la confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi la rappresenta ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale”. Pertanto, il modulo C.A.I. ha valore di piena prova nei confronti del confitente, in applicazione dell’art. 2733, comma 2, c.c., che recita “essa – la confessione giudiziale – forma piena prova contro colui che l’ha fatta, purché non verta su fatti relativi a diritti non disponibili”;

3) ai sensi dell’art. 2733, comma 3, c.c. “la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal Giudice”;

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