di Luca Gualtieri
In linea con la proposta di Class Editori, per il ceo di Intesa l’esposizione sovrana del Paese non è a rischio, ma va resa più sostenibile e autonoma da Francoforte. La stagflazione? Per ora non si vede
Anche se l’intervento della Bce ha drasticamente ridotto i costi di finanziamento dell’Italia, la sostenibilità del debito pubblico rimane un problema centrale per la comunità finanziaria. Anche perché, secondo i dati diffusi proprio ieri dalla Banca d’Italia, lo stock è ulteriormente salito a 2.758,9 miliardi, nuovo record in crescita di 3,5 miliardi rispetto al livello raggiunto a marzo. A salire è stata soprattutto l’esposizione di competenza delle amministrazioni centrali (+3,4 miliardi), mentre è rimasta sostanzialmente stabile quello delle amministrazioni locali (+0,1 miliardi). Sul tema su cui ieri è tornato il ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, lanciando un invito al paese: il debito va reso più sostenibile, riducendo nel tempo la dipendenza dalla banca centrale europea.
Dal palco dell’evento Young Factor (organizzato dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori) il banchiere ha fatto un’analisi pacata dell’argomento: «noi in Italia non abbiamo un problema di sostenibilità del debito pubblico. Questo deve essere un messaggio chiaro. L’Italia ha la forza di fare le cose in autonomia. Deve farle senza essere attaccata al bocchettone di Francoforte, soprattutto quando hai 10 trilioni di risparmi. L’Italia ha la forza, i talenti e le condizioni strutturali per farlo. Si rende necessario fare piani che accelerino la crescita, ma che riducano la dipendenza dalla Bce», ha concluso Messina. Per il banchiere comunque la volatilità registrata nei giorni scorsi dal btp è ingiustificata e bene ha fatto la Bce a intervenire per ridimensionare la speculazione: «L’attuale livello dello spread non riflette i fondamentali dell’Italia che sono assolutamente solidi. È frutto della speculazione sui mercati. Proprio per questo uno scudo anti-spread sarebbe utile per mitigare questo fenomeno», ha puntualizzato Messina, aggiungendo: «è chiaro che c’è una componente speculativa oggi sulla dinamica dello spread. Tutto quello che è sopra 100/150 punti base è totalmente ingiustificato», ha puntualizzato. «Che ci sia una speculazione è certo, ma che lo spread dell’Italia non possa essere come quello della Grecia è altrettanto evidente».
Tornando alla riduzione del debito, le considerazioni fatte dal banchiere sono in linea con quelle fatte dal banchiere nei giorni scorsi ai microfoni di Class Cnbc: «È indispensabile ridurre lo stock del debito pubblico. Lo Stato ha delle proprietà immobiliari, degli asset che, secondo me non ha nessun significato che rimangano nelle mani del pubblico. Si potrebbero costituire dei fondi immobiliari sottoscritti dai privati che acquistino questi immobili di buona qualità e quindi concorrano a ridurre il debito pubblico, garantendo rendimenti adeguati agli investitori, tutto sommato con un livello di rischio relativamente basso», aveva spiegato il banchiere, sposando lo spirito dell’appello lanciato da MF-Milano Finanza e Class Editori sabato 11 per tagliare il debito pubblico italiano.
Tornando all’intervento di ieri, Messina ha invitato la comunità finanziaria a non fasciarsi la testa di fronte alla volatilità di questi giorni. «Perché parlare di stagflazione? Non c’è. Se tutti pensiamo a cosa succede se lo spread va a 500, se il governo Draghi cade, ma perché dobbiamo pensare a tutte queste cose? Cerchiamo di un avere approccio, non dico ottimista, ma realista», ha spiegato il ceo di Intesa Sanpaolo nel corso della sua intervista. «Sulla stagflazione», ha concluso Messina, «c’è un’ipotesi teorica che possa accadere. Questo è un punto sul quale da un lato le politiche monetarie possono arrivare fino a un determinato livello, dall’altro è responsabilità dei governi accelerare sulla crescita dove serve, con grande attenzione alle disuguaglianze». (riproduzione riservata)
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