di Silvia Valente
Un cittadino colto dal punto di vista economico-finanziario non solo crea ricchezza per sé ma contribuisce al benessere dell’intero sistema Paese. L’educazione al denaro e al risparmio, infatti, consegna ai singoli più «consapevolezza delle proprie decisioni finanziarie e maggior capacità di giudicare le scelte del governo», facoltà ancora più importante in ottica Pnrr. Così il presidente della Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio, Stefano Lucchini, ha aperto la seconda Assemblea pubblica dell’associazione.
L’Italia ha molta strada da fare sia nelle conoscenze, con uno dei tassi di preparazione finanziaria più bassi dei Paesi avanzati, sia di consapevolezza sulle potenzialità della formazione. La ricerca dell’Ipsos fotografa, infatti, che nel 2022 un italiano su cinque vede l’educazione finanziaria come strumento di responsabilizzazione dei cittadini mentre meno della metà (40%) degli intervistati è consapevole del legame positivo tra risparmio privato e crescita economica sostenibile.
Anzi le crescenti difficoltà economiche degli italiani li hanno spinti a risparmiare di più ma gran parte dei risparmi restano presso conti correnti bancari o postali, a causa proprio della mancanza di educazione finanziaria necessaria per decidere se e come allocarli. Gli italiani aspettano, secondo Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, perché «non sentono la spinta dell’inflazione, dato che la fiammata di questi mesi non ha fatto dimenticare che l’inflazione con la lira era addirittura un multiplo, il doppio o il triplo». Però sbagliano: l’inflazione è «sempre rischiosa anche se sotto il livello del mare come il mostro di Lochness», soprattutto per il risparmio per cui non è ipotizzabile un meccanismo di compensazione istituzionale o privato, precisa Patuelli.
Inoltre le priorità della finanza internazionale non sembrano indirizzare gli italiani. Difatti soltanto 21% del campione conosce i criteri esg e il 15% considera le ricadute positive su ambiente, società e sviluppo economico come driver, seppur secondario, d’investimento. Eppure solo «una diffusa conoscenza finanziaria di base, in particolare su sostenibilità e digitale, può evitare manipolazioni e furberie ai danni dei singoli e della società», sottolinea Stefano Zamagni, presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali.
Un modo per risolvere o almeno ridimensionare tali problematiche sarebbe «inglobare l’educazione finanziaria in quella civica nelle scuole e formare in modo pratico adulti e anziani». Allo stesso tempo, suggerisce Magda Bianco del Dipartimento Clientela e Educazione Finanziaria di Bankitalia, si dovrebbero studiare dei meccanismi per ricostruire la fiducia dei cittadini nei confronti della finanza, partendo da maggior vigilanza sugli intermediari. (riproduzione riservata)
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