IN COMMISSIONE BANCHE L’A.D. DONNET DIFENDE IL NUOVO MODELLO. NO A PROPRIETÀ DI FAMIGLIE
di Giovanni Galli
Generali è importante per l’Italia. È un bene comune e non può appartenere ad alcune famiglie o imprenditori. E la decisione di cambiare la governance va nella giusta direzione. È quanto ha precisato l’a.d. Philippe Donnet in un’audizione alla commissione d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario. «Nelle Generali abbiamo migliorato tante cose», ha affermato Donnet. «Bisognava migliorare anche la governance e passare a questo standing che si vede nelle società internazionali, dando al cda la possibilità di presentare una propria lista. Andiamo avanti su questa strada, è la strada giusta. Generali è importante per il paese, ma proprio per questo non deve essere proprietà di alcune famiglie, di alcuni imprenditori. Ci vuole una governance da public company. Alcuni avevano una visione diversa ed è anche giusto. Allora è stata proposta una scelta agli azionisti, che hanno votato in modo molto chiaro e senza ambiguità per questa governance e questo cda».
L’interesse della commissione era dovuto alle tensioni all’interno della compagnia per la contrapposizione tra il cda uscente e la lista presentata da Francesco Gaetano Caltagirone. Altro elemento di attenzione è il potenziale interesse per il Leone da parte di soggetti stranieri, francesi in particolare. «Non c’è un azionista buono o cattivo», ha osservato l’a.d. «Gli azionisti votano in assemblea e il cda rappresenta tutti gli azionisti. Nella mia visione tutti gli azionisti sono ugualmente importanti e ugualmente buoni. Io non do un giudizio su un azionista italiano che è buono e un azionista straniero che è cattivo. Questa cosa dell’interesse dei francesi non c’è nella realtà: è una fantasia che ogni tanto viene strumentalizzata. Spesso i pericoli per le Generali non vengono da fuori ma proprio dall’Italia. Una minaccia all’indipendenza di Generali c’è stata cinque anni fa, ma non da fuori: da questo paese».
Parlando del futuro, il capo azienda ha escluso un’aggregazione con UniCredit o con altre banche: «Non rientra nella nostra strategia perché non ha senso: stiamo parlando di due cose diverse, di due business differenti, che indebolirebbe entrambe le società. Abbiamo Banca Generali, ma è una società di wealth management e non c’entra niente con una banca».
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