di Luca Gualtieri
In attesa che i dossier all’esame delle principali banche d’affari prendano quota, il consolidamento del credito italiano resta materia di speculazione sul mercato. Così ieri le geografie future del settore e gli ostacoli al percorso di m&a sono tornati sotto la lente degli analisti di Mediobanca che hanno dedicato un ampio report all’argomento. Gli esperti di Piazzetta Cuccia non hanno dubbi sull’ineluttabilità del risiko: se da un lato la Bce ha rimosso gli ostacoli normativi, le banche hanno ridotto il livello di crediti deteriorati e mantengono solidi coefficienti patrimoniali, mentre l’incentivo governativo delle è abbastanza consistente da neutralizzare gli effetti di riduzione sul Cet 1 degli oneri di ristrutturazione.
La partita si giocherà tra un numero relativamente ristretto di candidati su cui Mediobanca invita gli investitori a prendere posizione: Unicredit, Banco Bpm e Bper, mentre dopo il blitz di Unipol al 9%, la Popolare di Sondrio appare ormai pienamente valorizzata. «Come per gli altri paesi dell’Unione Europea, l’Italia deve formare campioni nazionali e risolvere i problemi specifici in sospeso», spiega il report, citando Mps e Carige e vedendo Intesa Sanpaolo fuori dai giochi, Unicredit in prima linea e Unipol come «osservatore attivo».
Nella sua analisi Mediobanca si è concentrata anche sui nodi da sciogliere in caso di integrazione, a partire dalle sovrapposizioni sulle partnership. A risentire di questo problema potrebbero essere la combinazione tra Unicredit e Banco Bpm, il triangolo tra Unicredit, Banco Bpm e Mps e l’integrazione tra il Credito Emiliano e Carige.
Nel primo caso, spiega il report, la complessità è legata soprattutto agli accordi che piazza Meda ha in essere con Anima sul fronte del risparmio gestito e con Agos Ducato nel credito al consumo. L’intesa con Anima, spiegano gli analisti, è solida e difficilmente potrà essere rescissa in anticipo senza il benestare di entrambe le parti. Per questa ragione, in caso di nozze tra Banco Bpm e Unicredit, è plausibile che piazza Gae Aulenti mantenga in piedi l’accordo per non incorrere negli alti costi straordinari e razionalizzi le attività nell’asset management soltanto in un secondo tempo. Il quadro si complicherebbe ulteriormente se il deal si allargasse a Mps. In questo caso circa il 70% dei profitti di Anima dipenderebbe dalla nuova partnership con Unicredit che, a quel punto, dovrebbe decidere se integrare o meno tutte le attività di asset management. In aggiunta, le nozze con Siena potrebbero imporre di risolvere in anticipo la joint venture tra Mps e il gruppo Axa. Proprio per evitare i costi straordinari legati alla separazione Unicredit potrebbe mantenere in piedi il contratto fino alla scadenza del 2027, accanto agli altri accordi assicurativi del gruppo. In caso di fusione tra il Credito Emiliano e Carige i costi potrebbero essere legati alla risoluzione delle partite Arca e Amissima. Meno criticità sul fronte delle partnership presenterebbe invece una fusione tra Banco Bpm e Bper, specie alla luce di un plausibile merger tra Anima e Arca su cui la borsa scommette da tempo. In un contesto di questo genere inoltre Unipol (primo socio di Bper al 19%) potrebbe subentrare a Cattolica e Covea come partner assicurativo di Piazza Meda.
Tutte le potenziali combinazioni simulate dagli analisti di Mediobanca mostrano un modello comune: crescita dell’utile per azione a doppia cifra (+30%, +200 punti di rote), solide posizioni patrimoniali (Cet1 del 13% post-m&a), interessanti rendimenti da dividendi (7,4%, dato che sale al 26% includendo il capitale in eccesso) con i titoli coinvolti scambiati su valutazioni, post-m&a, poco impegnative: 0,45 il multiplo prezzo/capitale tangibile o 6 il multiplo prezzo/utile. (riproduzione riservata)
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