di Marco Zanotelli*
Come reagisce il «secondo pilastro» previdenziale alla crisi pandemica? La previdenza complementare, nelle sue varie articolazioni, sta reggendo bene l’impatto? In risposta a questi importanti interrogativi, la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (Covip) offre una fotografia assai interessante, ma conferma, allo stesso tempo, un sistema previdenziale a capitalizzazione che riflette in modo speculare le criticità di un quadro occupazionale molto frammentato e prossimo a inevitabili grandi cambiamenti.
Nel suo complesso, il nostro sistema di previdenza complementare, si difende bene. Nel 2020, dopo una prima fase di difficoltà dovuta all’incertezza dei mercati, mostra un buon recupero, i rendimenti sono in crescita, soprattutto i fondi negoziali e i fondi aperti che, al netto dei costi di gestione e della fiscalità hanno guadagnato nel 2020 il 3,1% e il 2,9%, mentre il Tfr si è rivalutato nello stesso lasso di tempo dell’1,2%. Degli oltre 290 miliardi di risparmio previdenziale, 198 sono riconducibili ai fondi pensione, 96 sono relativi alle casse di previdenza. Le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari aumentano del 6,7% rispetto all’anno precedente e raggiungono un ammontare complessivo pari al 12% del pil e al 4,1% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. Risultano attivi 372 fondi pensione (33 negoziali, 42 aperti, 71 piani individuali pensionistici Pip e 226 fondi preesistenti). Ma quanti sono gli iscritti alla previdenza integrativa? 8,4 milioni con una progressione del 2,2%, dato che risulta inferiore rispetto agli anni precedenti. Nello specifico 3,2 milioni sono gli aderenti ai fondi negoziali, 1,6 milioni ai fondi aperti e 3,3 milioni ai nuovi Pip. Gli iscritti ai fondi preesistenti sono poco più di 600 mila. Il contributo medio per singolo iscritto è stato di 2.740 euro, ma lo scorso anno, stante la crisi pandemica, il 27,4% degli aderenti non ha effettuato contribuzione. Circa un milione di individui non versa contributi da almeno cinque anni. Le voci di uscita per la gestione previdenziale ammontano a 8,6 miliardi di euro. La prevalenza degli investimenti resta concentrata su obbligazioni governative e titoli di debito (56,1%), con una quota del 17,5% riconducibile a titoli di debito italiano. In aumento i titoli di capitale giunti a quota 19,6% mentre nel 2019 erano al 18,9%. Risulta quindi necessario intervenire sulle norme/regole, per accrescere la partecipazione dei lavoratori alla previdenza complementare e ridurne le attuali dicotomie. E’ eccessivo il divario di adesioni tra uomini e donne, tra persone in età matura e giovani e tra aree del nord e del sud del Paese. Gli uomini rappresentano il 61,7% degli iscritti, le donne sono ferme a quota 38,3%. Si conferma anche un gap generazionale: la distribuzione per età vede la prevalenza delle classi intermedie e più prossime all’età di pensionamento: il 51,6% degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni, il 31% ha almeno 55 anni, solo il 17,4% ha meno di 35 anni. Il nord è più sensibile alla previdenza complementare con il 57% degli aderenti. La stessa Autorità di Vigilanza evidenzia la necessità di «adottare il prima possibile tutte le iniziative per un nuovo e più consistente impulso alle adesioni, al fine di superare i fenomeni di esclusione previdenziale». Carriere intermittenti, ritardi di inserimento nel mondo del lavoro e «lacune contributive» creano ulteriori difficoltà in un sistema previdenziale obbligatorio sempre più contraddistinto dal metodo contributivo.
Varie sono le proposte messe in campo: alla «dote pensionistica», al raddoppio della somma versata in previdenza integrativa e deducibile dal reddito imponibile, alle linee di investimento green, alle nuove modalità digitali, allo storno di quote di commissione di gestione, al riconoscimento di crediti di imposta, all’ampliamento della deducibilità, alla creazione di polizze collettive solidali, alla revisione delle regole sul Tfr, al ripristino del fondo di garanzia, a una riforma fiscale che elimini la tassazione annuale sui rendimenti. Un solido piano strategico di rilancio dovrà necessariamente contenere una parte consistente di queste proposte. Attualmente la configurazione del nostro sistema di previdenza complementare riguarda soprattutto i segmenti più protetti e più solidi del mercato del lavoro, avvicinare i giovani alla previdenza integrativa e i meno protetti è pertanto assolutamente prioritario. (riproduzione riservata)
*economic advisor
Commissione Europea e Bce
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