di Luca Gualtieri
A oltre sei anni dalla legge varata dal governo Renzi e dopo un contenzioso finito davanti alla Corte Costituzionale e in sede europea, il Consiglio di Stato conferma la legittimità del progetto di riforma delle grandi banche popolari italiane. Un verdetto atteso che sblocca soprattutto il dossier della Popolare di Sondrio, l’ultimo istituto ad aver mantenuto la forma cooperativa. Non per caso, dopo gli acquisti della scorsa settimana, ieri Unipol ha annunciato il superamento del 9% nel capitale dell’istituto.
Ieri mattina la sesta sezione del Consiglio di Stato ha in parte dichiarato improcedibili e in parte rigettato i motivi di ricorso diretti a contestare la legittimità della riforma. I giudici di Palazzo Spada hanno confermato la legittimità delle disposizioni con cui è stato prescritto un limite d’attivo di 8 miliardi di euro, oltre il quale precludere l’utilizzo della forma giuridica della banca popolare e consentire lo svolgimento dell’attività bancaria con la forma della spa. Questa forma è stata infatti ritenuta dal Consiglio di Stato maggiormente coerente al modello di business degli operatori di maggiori dimensioni e funzionale ad assicurare la realizzazione degli obiettivi di rafforzamento patrimoniale degli istituti di credito. Il modello organizzativo della società per azioni, inoltre, è stato reputato idoneo e necessario per assicurare il celere reperimento di capitale sul mercato, anche con la finalità di prevenire crisi bancarie che, in ragione delle interconnessioni tra gli istituti -specie di grandi dimensioni- operanti in ambito non meramente locale, potrebbero produrre un effetto di contagio sull’intero sistema.
Non solo. Sono state dichiarate legittime le disposizioni che impongono limiti al rimborso delle azioni in caso di recesso. Questi rimborsi sono ritenuti ammissibili dal Consiglio di Stato soltanto se proporzionati, non potendo eccedere quanto necessario in ragione della situazione prudenziale della singola banca. Luce verde anche alle norme che modificano le maggioranze per assumere le delibere assembleari anche relative alle trasformazioni di banche popolari in spa, trattandosi di misure funzionali a garantire l’obiettivo perseguito dalla riforma, ossia assicurare il rafforzamento patrimoniale degli istituti, favorendo le relative operazioni di riorganizzazione societaria; norme con le quali è stato attribuito alla Banca d’Italia un potere d’attuazione della riforma, ritenuto, limitato alla definizione delle condizioni tecniche necessarie per consentire il rispetto dei coefficienti patrimoniali minimi stabiliti dalla normativa prudenziale europea e senza dunque alcuna possibilità per Bankitalia di svolgere una valutazione politico-discrezionale sugli interessi in gioco. La sentenza avrà effetti soprattutto sulla Popolare di Sondrio, ultimo istituto tra gli 11 interessati dalla riforma Renzi a non aver ancora rinunciato alla forma cooperativa. Occorre però ricordare che di fatto il futuro della banca guidata da Mario Pedranzini è già stato ipotecato da Unipol. Proprio ieri la compagnia ha superato il 9% nell’ambito di un reverse accelerated book building gestito da Equita. Per superare il 10% servirà l’autorizzazione della Bce ma già così, dopo la trasformazione in spa, Unipol potrà condizionare governance e strategia. (riproduzione riservata)
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