di Angelo De Mattia
È stata ampiamente ripresa nelle cronache la recente riunione dell’assemblea annuale della Feduf, la Fondazione per l’educazione bancaria creata dall’Abi. Il valore dell’investimento in questa materia, la configurazione di questo tipo di educazione come un vero diritto di cittadinanza e la cura che è dovuta allo sviluppo dell’alfabetizzazione sono tra le osservazioni più interessanti emerse nell’assemblea, insieme con l’inquadramento della materia stessa, del presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, nella tematica del risparmio e degli investimenti, nonché del relativo trattamento fiscale. Le considerazioni sull’essenzialità di questa branca di conoscenze, sul suo necessario sviluppo non possono che trovare un ampio consenso. Tuttavia, più che registrare l’inserimento di questa materia nei programmi di insegnamento scolastico dell’educazione civica, bisognerebbe che essa fosse insegnata negli istituti di ogni ordine e grado ( partendo dalle elementari) come disciplina autonoma e obbligatoria. La sua crescente importanza e le relazioni che aumentano con le innovazioni tecnologiche e con l’evoluzione delle applicazioni dell’intelligenza artificiale contribuiscono a una tale trattazione autonoma e impegnativa che è riconducibile, innanzitutto, all’incentivo all’uso responsabile del denaro e al corretto impiego del risparmio. Naturalmente, occorrerà tenere ben presenti le distinzioni. Per i risparmiatori danneggiati in alcuni casi di dissesti bancari non si può chiamare in causa la carenza di educazione finanziaria. Questa può pure esservi stata, ma la primaria responsabilità, che assorbe quasi ogni altra carenza, è stata della mala gestio, quando non del raggiro del cliente. Diversamente, dovremmo resuscitare il caveat emptor (compratore sia attento) secondo il quale spetta esclusivamente al cliente tutelarsi, facendo così passare in secondo piamo gli obblighi cogenti, per gli intermediari, di correttezza, trasparenza, diligenza, utilizzo di buone pratiche. Comunque, se benvenute sono le proposte sul che fare per sviluppare ed estendere l’alfabetizzazione finanziaria, ciò che continua a mancare vistosamente è l’analisi della ragioni per le quali, nonostante che da anni siano condotte numerose iniziative, istituzionali e no, l’Italia è ancora, nel 2020, al penultimo posto della graduatoria Ocse per competenze in questo campo. Analizzare i perché dei ritardi è fondamentale affinché alla diagnosi possa essere adeguata una terapia che dovrebbe riguardare tutte le fasce d’età, non solo delle persone in età scolare. Sui vantaggi dell’educazione finanziaria è facile trovare concordanze: ripeterli diventa un rito; difficile è, invece, capire e poi far comprendere le ragioni dei ritardi e, soprattutto, i rimedi da introdurre, nonché la necessità della loro applicazione senza risparmi di risorse, anche in coerenza con la potente innovazione che è costituita dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si potranno ascoltare, in una prossima assemblea della Fondazione, una tale diagnosi e la corrispondente terapia? (riproduzione riservata)
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