di Francesco Ninfole
Le obbligazioni verdi potranno essere designate come «European Green Bond» o «EuGB» se rispetteranno determinate condizioni. La Commissione Ue è pronta a presentare nei prossimi giorni, probabilmente il 6 luglio, lo standard che dovrà essere seguito per ottenere la certificazione. Secondo la bozza di regolamento di 62 pagine consultata da MF-Milano Finanza, Bruxelles ha deciso innanzitutto che il bollino «EuGB» non sarà obbligatorio. Gli emittenti potranno decidere se aderire allo standard Ue, ma resta aperta anche la possibilità ad altre certificazioni di mercato (come quello dell’Icma o della Climate Bonds Initiative).
Per la Commissione, che sul tema aveva condotto una consultazione con gli operatori, la volontarietà evita impatti significativi sul mercato esistente, che potrà continuare a operare liberamente. Inoltre Bruxelles ha optato per una flessibilità maggiore, ma comunque limitata, per i titoli di Stato verdi. In generale è stato scelto un approccio di supervisione «leggero». L’Esma autorizzerà revisori esterni registrati che certificheranno i titoli come green, anche se la supervisione e i requisiti saranno limitati. È stata respinta l’alternativa di dare all’Esma poteri più stringenti. L’approccio light secondo la Commissione aumenterà la trasparenza per emittenti e investitori sulle procedure dei revisori esterni.
La proposta che sarà presentata ha l’obiettivo di facilitare l’identificazione di green bond di alta qualità sul mercato, evitando il «greenwashing», ovvero la possibilità di presentare agli investitori titoli che sono verdi solo in modo fittizio. Perciò il nuovo regolamento collega lo standard Ue al rispetto della tassonomia green europea. I proventi delle emissioni dovranno essere utilizzati solo per gli investimenti, le spese o gli asset finanziari sostenibili. Il regolamento definisce anche i report che le società devono pubblicare prima e dopo le emissioni, così come le caratteristiche che dovranno avere i revisori esterni.
Il mercato degli asset verdi è in grande crescita, data la domanda in espansione da parte di fondi, assicurazioni e società finanziarie. Nonostante ciò, le emissioni green restano una piccola parte del totale: sono state circa il 4% delle obbligazioni societarie nel 2020. Secondo la Commissione, «un’ulteriore crescita del mercato dei green bond di alta qualità sarà una fonte di investimenti verdi significativi che contribuirà a soddisfare il gap indicato nel Green Deal europeo». Gli obiettivi climatici richiederanno investimenti nel settore energetico (esclusi i trasporti) di 336 miliardi di euro l’anno, equivalenti al 2,3% del pil. Una parte sostanziale di questi flussi finanziari dovrà provenire dal settore privato. Perciò servirà un ripensamento del quadro finanziario europeo.
Accanto agli obiettivi nobili restano però nodi significativi in tema di finanza verde. La normativa è ancora in fieri, ma le emissioni sono in corso e le autorità hanno iniziato a vigilare (basti pensare al green asset ratio dell’Eba e agli stress test climatici della Bce). Non è ancora chiaro però quali imprese siano davvero green: un problema ancora più grande per le pmi o per le aziende con molte attività, non tutte sostenibili. C’è così molta incertezza che condiziona il lavoro di imprese, banche e investitori. Perciò serviranno ulteriori passi avanti regolamentari in ambito europeo. (riproduzione riservata)
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