Il segretario generale dell’Ivass, Stefano De Polis, intervenuto alla Tavola rotonda “Come il paradigma Open sta trasformando gli ecosistemi finanziari” organizzata ieri a Roma da The European House Ambrosetti, ha sottolineato come la pandemia abbia impresso un’accelerazione ai processi di digitalizzazione del mondo finanziario e assicurativo. “L’open insurance, facendo leva sull’esperienza in corso nel settore dei pagamenti, può rappresentare un’importante opportunità per accrescere la concorrenza e migliorare i prodotti e i servizi assicurativi a vantaggio dei sottoscrittori. Una più ampia valutazione dei vantaggi e dei problemi connessi con l’open insurance richiede innanzitutto di chiarire i possibili ambiti di applicazione, i dati oggetto di condivisione e i soggetti interessati. Non abbiamo ancora una definizione “ufficiale” e condivisa di open insurance, manca una regolamentazione, ma l’essenza è analoga a quella dell’open banking: la condivisione dei dati sul cliente da parte dei soggetti vigilati con altri operatori di mercato, questi ultimi spesso non sottoposti a forme di supervisione o controllo da parte di autorità pubbliche”.
Tuttavia, De Polis ha ricordato come nel settore assicurativo “i dati essenziali presentano maggiore varietà, eterogeneità e talvolta sensibilità rispetto a quelli dei servizi bancari e di pagamento. Oltre ai dati sul portafoglio delle coperture in essere e degli investimenti in prodotti assicurativi, si tratta anche di informazioni relative ad esempio alla salute del cliente, al suo comportamento, alla sua mobilità (pensiamo alle registrazioni della black-box e di altri device personali o domestici) e ai sinistri”.
Secondo De Polis questa grande eterogeneità suggerisce “una riflessione sull’opportunità di estendere l’open insurance indistintamente a tutto il business assicurativo ovvero solo ad alcuni rami o prodotti. Si deve anche considerare la diversa struttura dei mercati della distribuzione assicurativa a livello europeo. Si va da Paesi con reti distributive caratterizzate dalla presenza di intermediari di grandi dimensioni a Paesi, quali il nostro, con un gran numero di intermediari (poco meno di 40.000), per lo più piccole imprese e ditte individuali, e quindi meno in grado di fare rete e sostenere gli investimenti informatici necessari. La condivisione di dati del cliente con altri operatori di mercato nel settore assicurativo riguarderebbe, pertanto, sia le compagnie sia gli intermediari, agenti e broker”.
Quale sia l’approccio scelto e i dati oggetto di condivisione, “il risultato finale dovrà andare nella direzione di un ampliamento della circolazione dei dati, sulla base del libero e informato consenso del consumatore, per garantire maggiore efficienza al mercato e un accresciuto valore aggiunto ai clienti medesimi”.
La condivisione dei dati presenta anche “dei rischi in termini di privacy e corretta gestione degli stessi (fairness) da parte delle imprese assicurative e non”, ha concluso De Polis. “Sarà necessario verificare la tenuta dell’impianto normativo esistente (GDPR – General Data Protection Regulation) rispetto alle nuove esigenze di tutela e sarà fondamentale salvaguardare, in ogni fase del processo, l’uso corretto dei dati personali dei clienti. Il livello di complessità si accresce laddove alla condivisione dei big data si affianca il ricorso a sistemi di intelligenza artificiale. Oltre alla definizione degli standard tecnologici e delle regole di governance dei dati e degli algoritmi, va garantito un approccio etico e va comunque preservato, anche nell’ambito dell’innovazione insurtech, il principio di mutualità, fondamento dell’attività assicurativa”.