di Ilaria Fisicaro
Antiriciclaggio in ordine sparso in Europa. A oggi, l’Unione non ha ancora adottato un proprio elenco dei paesi terzi ad alto rischio che costituiscono una minaccia di riciclaggio per il mercato interno. E l’Autorità bancaria europea (Abe), che pure ha poteri di indagine sulle possibili violazioni del diritto, quasi mai se ne è avvalsa e dal 2010 ha riscontrato solo una violazione connessa al riciclaggio di denaro e al finanziamento al terrorismo. Mentre la Commissione non dispone di orientamenti interni per trasmettere le richieste d’indagine all’Abe. L’esito finale è che ogni Stato membro decide autonomamente cosa fare e come combattere il riciclaggio.
E’ lo scenario che emerge dal rapporto speciale divulgato in questi giorni dalla European Court of auditors, in cui si rileva che sebbene le operazioni sospette in Europa abbiano un valore stimato di centinaia di miliardi di euro, l’Ue continua a mantenere un approccio frammentario per prevenire e combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Una azione di contrasto che presenta forti debolezze e che si colloca in un quadro normativo dei singoli paesi frammentato e scarsamente coordinato, che non assicura un approccio uniforme né parità di condizioni. Al contrario, secondo la Corte, contro il riciclaggio di denaro all’Ue serve un quadro di supervisione più forte e uniforme: malgrado il ruolo di orientamento strategico e coordinamento che hanno assunto i vari organi europei nel contrasto al riciclaggio, di fatto l’azione è ancora gestita a livello nazionale e l’Unione ha un ruolo marginale. Il riciclaggio di denaro è ormai principio consolidato, si configura nell’attività di legittimare i proventi di reati facendoli filtrare nell’economia formale per dissimularne l’origine illecita. Secondo le stime di Europol, il valore delle operazioni sospette di denaro illecito in Europa corrisponde a circa l’1,3% del Pil dell’Ue. A livello globale, questo valore sarebbe prossimo al 3 % del PIL mondiale. I dati recenti mostrano che oltre il 75 % delle operazioni sospette segnalate nell’Ue ha origine da enti creditizi in più della metà degli Stati membri. In ragione di questi dati statistici, necessariamente, si legge nel rapporto, «bisogna affrontare le debolezze dell’Ue nella lotta al riciclaggio di denaro e finanziamento al terrorismo e rafforzare significativamente il suo ruolo di vigilanza». Per poter raggiungere un quadro più uniforme possibile nell’ambito dei vari ordinamenti giuridici europei, bisognerebbe che il legislatore europeo, in tale disciplina, cambi passo. Ad esempio dovrebbe preferire, quando possibile, i regolamenti alle direttive. Poiché i regolamenti sono direttamente applicabili nei singoli Stati comunitari senza necessità di alcuna legge di recepimento, ciò consentirebbe avere un quadro normativo uniforme. A conferma della dispersione, sul piano normativo, la Corte nvita la Commissione europea a sviluppare indirizzi strategici e controllare che siano recepiti nel diritto degli Stati membri. Sul piano operativo, invece, si rilevano forti debolezze nell’espletamento di tali compiti. La maggiore, riguarda l’applicazione lenta e ineguale fra i paesi dell’Ue della legislazione antiriciclaggio. Quanto alla procedura per la valutazione dei rischi, il rapporto constata che essa non riflette i cambiamenti verificatisi nel tempo, è priva di una dimensione geografica e non è efficace nell’assegnare le priorità.
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