Tutte le offerte pubbliche di acquisto (opa) lanciate negli ultimi mesi, complici le sottovalutazioni di partenza di molte aziende, sono andate in porto a seguito di rilanci del 25-30% rispetto ai prezzi iniziali offerti dall’acquirente. Per le banche, inoltre, gli spazi di manovra e le autorizzazioni passano attraverso i regolatori, che hanno le loro idee sugli assetti proprietari finali. Anche l’opa di Generali su Cattolica rientra in quest’ultimo contesto. L’authority del settore, l’Ivass, era intervenuta nel 2020 su Cattolica, imponendo un aumento di capitale monstre (in rapporto alla capitalizzazione della compagnia) da 500 milioni e la trasformazione da cooperativa in società per azioni, per rafforzarne indici di solvibilità e governance. A sottoscrivere subito la prima tranche dell’aumento da 300 milioni sono state le Generali. Di certo, gradito cavaliere bianco, almeno dal punto di vista delle autorità pubbliche; ma anche l’unica, tra le assicurazioni italiane, in grado di mettere tanti soldi, nel pieno della crisi economica per gli effetti della pandemia. Il prezzo allora pagato, 5,55 euro ad azione per il 24,4%, seppure a premio rispetto al mercato, si è dimostrato un ottimo affare già a inizio 2021, alla luce dell’andamento di Cattolica che, terminate le svalutazioni, ha i risultati in forte crescita. Messa in sicurezza Cattolica secondo i piani dell’Ivass e blindata la posizione di Generali anche attraverso accordi bilaterali, è entrata in gioco la Consob, a tutelare gli interessi di tutti gli azionisti. Le Generali non possono superare il 30%, né acquistando parte delle azioni proprie di Cattolica (28 milioni di titoli, 12,3% del capitale) rivenienti da recessi post trasformazione in spa né sottoscrivendo quote significative dei rimanenti 200 milioni di aumento capitale. Cattolica, risanata, è un ottimo investimento a poco più di 5 euro per azione e potrebbe suscitare molti interessi; magari non più per contendere il controllo a Generali, ma comunque di grandi investitori, potenzialmente scomodi. Da qui la decisione di lanciare l’opa, prima che altri accumulassero azioni e facessero salire i prezzi di riferimento. I 200 milioni di aumento di capitale residuo non servono più; diluirebbero Generali, che invece, se socio di controllo, garantirebbe a Ivass la massima solidità. L’opa sul 100% di Cattolica parte da 6,75 euro per azione, con un premio del 15% sul prezzo pre-annuncio. Rispetto alle medie dei mesi precedenti, il premio è ovviamente più alto, ma sono medie poco significative in epoca Covid. Più significativo il confronto tra i 5,55 euro pagati dalle stesse Generali per il 24,4% e quanto offerto per salire al 100%; il premio è del 21% circa rispetto a un prezzo spuntato dal cavaliere bianco in una situazione negoziale di massima debolezza, interna ed esterna, per Cattolica. L’opa a 6,75 euro sarebbe un ulteriore buon affare per Generali, considerando la media ponderata dei prezzi tra quanto già posseduto (versato oltretutto in aumento di capitale e non pagato a soci terzi) e il fatto che le azioni proprie non devono essere pagate. Ma se il prezzo dell’opa è così buono per l’acquirente, lo è anche per i restanti 19 mila azionisti di Cattolica? Essi ben difficilmente rivedranno i 9-10 euro del prezzo per azione di 3-4 anni fa, ma certo sperano in un ulteriore rilanci, la cui entità dipenderà un po’ dalla pressione della miriade di piccoli soci veneti e dal peso di Warren Buffett, che ha poco meno del 7% (era il 9% ante aumento capitale) pagato 7,35 euro per azione. Il titolo attualmente quota 7,03 euro, poco sopra il prezzo annunciato da Generali, e i volumi giornalieri scambiati sono circa pari all’1% del capitale di Cattolica. Chi sta acquistando? Un paio di ipotesi: la società dell’Oracolo di Omaha potrebbe voler ridurre un poco il prezzo medio di carico per evitare una minusvalenza su uno dei maggiori investimenti diretti in Italia. E gli hedge fund specializzati possono accumulare qualche pacchetto significativo e determinante per il successo finale dell’opa. (riproduzione riservata)
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