di Roberto Sommella
Da Roma ladrona a Roma padrona. Tra le tante mutazioni di quest’epoca contrassegnata dal virus c’è anche il luogo comune con cui la finanza nordista vive il ruolo del potere politico, concentrato nella città meno colpita dal Covid. Capitale di un Paese ancora troppo diviso, come ha ammonito il capo dello Stato Sergio Mattarella, ma pur sempre sede di governo, Parlamento, Consob e Banca d’Italia, le istituzioni che hanno per le mani tutti i dossier più delicati. E tra questi ovviamente c’è anche l’affaire Mediobanca su cui, dopo l’annuncio di Leonardo Del Vecchio di voler salire al 20% del capitale, si sono puntate le attenzioni del premier Giuseppe Conte. Rispetto al passato, quando con un semplice inarcamento del sopracciglio del governatore o di Enrico Cuccia saltavano fusioni bancarie o si decidevano le sorti della Montedison o della Fiat, oggi l’Italia manca di quel centro decisorio che esula dalle cariche rappresentative del popolo elettore. Tutto accade, almeno appare così, senza anche solo un consulto preventivo a Via Nazionale o Via XX Settembre, sede del ministero dell’Economia. Ecco perché dalle parti di Delfin e di tutta la finanza che conta si guarda con attenzione a ciò che sta accadendo nelle stanze ovattate di Palazzo Chigi, dove l’esecutivo ha in mano un potere enorme. Il Conte II, fatte le nomine pubbliche, ha goduto della sospensione del Patto di Stabilità, esteso la garanzia Sace ai grandi gruppi in crisi di liquidità, finanziato le pmi e la cassa integrazione per milioni di lavoratori, creato una sorta di Cdp parallela, modello Iri, sotto il nome di Patrimonio Destinato, azionato lo scudo pubblico su tantissimi settori finanziari e non, Mediobanca e Borsa spa comprese. Il presidente del Consiglio si trova perciò in questa fase, mentre il Paese riparte, ad avere nel suo studio quella stanza dei bottoni che non trovò nemmeno uno certo non inesperto come Silvio Berlusconi, anch’egli, con Mediolanum, Bolloré e Caltagirone, molto interessato a quello che accade nel salotto buono in via di ristrutturazione. In quella stanza, e nel trilatero con Camera e Senato, mentre il mercato sembra gradire l’operazione mediatica di Delfin su Piazzetta Cuccia, in attesa di conoscere il probabile via libera della Bce, campeggiano tre interrogativi. C’è qualche gruppo straniero dietro Del Vecchio? Presenterà, il patron di Luxottica, una lista per Mediobanca per arrivare a posti di comando? L’obiettivo è una fusione tra Piazzetta Cuccia e la controllata (non per la giustizia amministrativa) Generali? A queste risposte, secondo quanto riferito a MF-Milano Finanza da fonti vicine al dossier, l’uomo venuto dal basso, la cui storia sembra uscita da una sceneggiatura hollywoodiana, risponderebbe con tre no. Dietro queste risposte, se confermate alla prova dei fatti (e degli atti), si svilupperanno tutti gli eventi che seguiranno, a cominciare da come Conte e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri si comporteranno nella sfida per il riassetto della piazza finanziaria. Con una consapevolezza in più: il potere si è spostato a Sud di Milano, dove, ironia della sorte pandemica, le azioni si contano, si pesano, ma si possono anche congelare. (riproduzione riservata)
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