di Luca Gualtieri e Andrea Montanari
L’uscita allo scoperto di Leonardo Del Vecchio su Mediobanca non poteva passare inosservata a Trieste. La richiesta di Delfin alla Bce di superare il 9,9% di Piazzetta Cuccia (per puntare al 20%) e le prime indicazioni strategiche sul futuro Leone hanno fatto il giro dei grandi soci di Generali che le hanno accolte con cautela, se non proprio con freddezza. Intendiamoci, l’ambizione di Del Vecchio di imprimere una svolta alla compagnia (di cui è terzo azionista al 4,84%) è nota da tempo, sebbene sinora sia rimasta sotto traccia. La scalata a Mediobanca però promette di imprimere una brusca accelerazione a quei progetti, come testimoniano le indicazioni lasciate filtrare nei giorni scorsi: l’idea di Delfin è «riportare Generali al ruolo leader che aveva nel mercato assicurativo europeo alla fine degli anni 90 e che poi ha perso», spiegava martedì 3 una fonte vicina allo cassaforte lussemburghese di Del Vecchio. Una scossa per i grandi azionisti del Leone di Trieste.
Quali reazioni finora? Una premessa è necessaria: l’azionariato di Generali si presenta oggi come un ambiente eterogeneo in cui si confrontano storie e strategie diverse. Impossibile individuare un punto di sintesi. Semmai ciò che accomuna le reazioni avute in questi giorni da Francesco Gaetano Caltagirone (5,11%), dalle famiglie Boroli-Drago (1,45%) e dai Benetton (3,99%) è una certa cautela a sposare la linea di Del Vecchio. Caltagirone per esempio, pur mantenendo buoni rapporti con Mister Luxottica, non vedrebbe di buon occhio una completa destabilizzazione di Mediobanca e mosse troppo impulsive su Generali. Il costruttore romano semmai vedrebbe di buon occhio un progetto che, pur preservando il ruolo e l’identità di Mediobanca, desse un assetto più plurale alla governance della compagnia. Il punto di equilibrio dovrebbe insomma essere una sorta di co-gestione, da applicare soprattutto alla stesura della lista del cda. Un progetto a cui Caltagirone non farebbe mancare capitali per consolidare il fronte dei privati; già negli anni scorsi del resto l’imprenditore ha rafforzato la propria posizione al ritmo di un 1% l’anno, arrivando a una esposizione di due miliardi. Un trend che continuerà.
Meno conciliante la posizione del gruppo De Agostini e della famiglia Benetton. Il legame dei Boroli-Drago con la Mediobanca di Alberto Nagel è consolidato e spiega la freddezza che è stata sinora riservata alle iniziative di Del Vecchio. Difficilmente però questa posizione si tradurrà a breve in iniziative concrete visto che a Novara non c’è alcuna volontà di movimentare la partecipazione. Molto cauta è anche la posizione dei Benetton che, dopo gli acquisti dell’anno scorso, preferiscono per il momento tenersi alla larga da situazioni conflittuali; non solo perché i rapporti con Piazzetta Cuccia (di cui sono anche azionisti al 2%) si mantengono buoni ma anche perché a Ponzano Veneto la priorità oggi viene data alla vicenda Autostrade e non c’è spazio per distrazioni. Ma è certo che i pacchetti nel Leone di Trieste e in Mediobanca non saranno smobilizzati. Se insomma l’attivismo di Del Vecchio viene accolto con molte riserve a Trieste, vero è che la domanda di cambiamento avanzata dall’imprenditore è da alcuni condivisa se non nella forma, almeno nella sostanza. Da qualche anno del resto il fronte privato è in movimento e spinge per una più equa spartizione del potere nella governance della compagnia (il cui cda scadrà nel 2022). Si tratta però di trovare il tempo e, soprattutto, il modo per farlo senza compromettere la stabilità di una delle poche multinazionali italiane rimaste.
Nulla comunque accadrà a breve; saldo al timone resta infatti l’amministratore delegato Philippe Donnet, cui fa scudo il consenso del mercato, mentre il presidente Gabriele Galateri ha concluso solo il primo anno del suo mandato. Anche l’attività del consiglio di amministrazione dovrebbe procedere senza frizioni e una riunione straordinaria è già in scaletta per giovedì 11 per discutere alcune delicate tematiche interne.
Quanto a Mediobanca, si fa strada l’ipotesi che la scalata di Del Vecchio possa essere agevolata da un disimpegno di Vincent Bolloré, già sceso nei mesi scorsi sotto il 6%. Quando il titolo di Piazzetta Cuccia tornerà ai livelli pre-Covid19, quindi attorno ai 10 euro, il patron di Vivendi potrebbe vendere ancora favorendo così l’ascesa di mister Luxottica. (riproduzione riservata)
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