Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
In un recente Paper sulla previdenza complementare l’Ania sottolinea l’importanza di stimolare una maggiore consapevolezza previdenziale per una maggiore diffusione dei fondi pensione. Si ricorda poi come sulla base di una indagine Gfk Ania del 2018 era stato stimato un effetto positivo della Busta arancione dell’Inps (ovvero il documento inviato dall’ente previdenziale ai lavoratori che dà una simulazione dell’assegno pubblico atteso) sulla propensione alla sottoscrizione di forme pensionistiche complementari. In attesa di una rivitalizzazione dello strumento e di ulteriori auspicabili iniziative istituzionali, è utile analizzare lo stato dell’arte nel Paese. MF-Milano Finanza ha fatto il punto con Paola Bongini, docente di Economia degli Intermediari finanziari presso l’Università di Milano-Bicocca, molto attiva sul fronte della financial literacy e dell’educazione finanziaria
Un doppio effetto pesa sulle pensioni pubbliche. Da una parte l’emergenza sanitaria ha inferto un duro colpo al pil dell’Italia. Le previsioni per il 2020 vanno dal -8,3% dell’Istat al -9,2% della Banca d’Italia fino al -11,3% dell’Ocse e al -12,8% dell’Fmi. E in un sistema in cui i contributi versati dai lavoratori ogni anno sono rivalutati in base alla crescita economica del Paese, questo significa che la recessione produrrà assegni più bassi. D’altra parte i coefficienti di trasformazione della pensione in rendita sono stati appena adeguati alla maggior speranza di vita. Sono stati abbassati perché le stime demografiche indicano un ulteriore allungamento della attesa di vita. L’epidemia potrebbe incidere su questa crescita, ma per ora la statistica non rileva questa tendenza. Gli effetti combinati di queste due variabili erodono la pensione pubblica e rendono ancora più necessaria l’integrazione. Una dinamica che parte da lontano, dalla riforma Dini del 1996 che, nel varare il sistema contributivo di calcolo della pensione, aveva legato l’importo dell’assegno al momento in cui si va in pensione.
Anche le assicurazioni italiane si stanno avvicinando gradualmente al private capital in un momento in cui i mercati tradizionali offrono rendimenti incerti e risicati. E lo fanno sia per investire le proprie riserve tecniche sia per offrire ai clienti prodotti di investimento alternativi, a più alta performance e più bassa volatilità. Un’attività che però si scontra con la normativa di vigilanza, che per questi investimenti impone accantonamenti di capitale piuttosto onerosi, sebbene poco meno di un anno fa siano entrate in vigore modifiche alla direttiva europea Solvency II che hanno ridotto in maniera importante i pesi assegnati a questo tipo di impegni. Entro fine anno è prevista comunque un’ulteriore revisione della normativa e gli addetti ai lavori si aspettano un passo in più a favore degli alternativi.
PrimaVera Multiramo è un prodotto di investimento assicurativo misto a premio unico e premi unici aggiuntivi. Le prestazioni della polizza legate al valore delle quote di fondi interni della compagnia e al rendimento di una gestione separata, con prestazione addizionale per il caso di morte. Come sempre la componente a gestione separata permette di dare stabilità ai rendimenti nel medio termine, anche grazie alla metodologia di contabilizzazione degli attivi al costo storico, mentre il fondo interno ha l’obiettivo di dare frizzantezza alle performance a costo di rischi che salgono. Il premio unico iniziale è di almeno 10 mila euro e le componenti finanziarie sono rappresentate dalla gestione separata Vera Stabilità (massimo 50% dell’investimento) mentre il fondo interno è a scelta tra Veravita 15, Veravita 50 e Veravita Protetto 80, che consentono di partecipare all’andamento dei mercati finanziari secondo differenti esposizioni di rischio.
Sara Crescita Smart è un prodotto di investimento assicurativo appartenente ai contratti di assicurazione sulla vita multiramo. La polizza è collegata alla gestione separata Fondo Più e al fondo interno assicurativo Sara Growth ed è strutturato in tre profili di investimento differenti. Si tratta di un prodotto assicurativo ideato per la clientela private del Broker First Advisory. In questa occasione si prende in considerazione il profilo Moderato che mira ad incrementare gradualmente il valore del capitale investito scegliendo strumenti finanziari di natura in gran parte obbligazionaria e di natura azionaria in parte residuale. Il profilo Moderato prevede che i premi vengano ripartiti al 70% nella gestione separata e al 30% nel fondo Sara Growth. In merito alla parte di capitale conferita nella gestione separata il rendimento finanziario annuo viene riconosciuto sotto forma di rivalutazione di capitale assicurato ed è prevista la garanzia sullo stesso.
È stato un semestre da dimenticare per i mercati finanziari. Dopo un avvio brillante, l’epidemia del Covid ha messo sotto scacco il mondo intero e gli effetti non sono ancora terminati. Prima della crisi, l’effetto di trascinamento del brillante andamento del 2019 aveva permesso alle borse di continuare nella loro salita, ma lo tsunami del coronavirus ha stravolto drasticamente lo scenario. I mercati, in seguito, hanno potuto contare sul sostegno forte delle banche centrali che sono tornate a varare misure espansive per contrastare gli effetti dello shock economico, e degli Stati, assenti nelle crisi precedenti, ma che in questa occasione hanno messo in campo tutte le risorse finanziarie possibili per arginare la crisi. Stretti tra un quadro economico incerto – con una ripresa che alcuni analisti pensano possa avvenire in tempi brevi, mentre secondo altri potrebbe essere più diluita nel tempo – e la massa di liquidità che autorità monetarie e governi stanno iniettando, i money manager hanno avuto non poche difficoltà nel proteggere i portafogli e scovare nel contempo occasioni di rendimento. Non a caso l’oro, bene rifugio per eccellenza, ha registrato un rialzo del 15% da gennaio, passando da 1.550 agli oltre 1.770 dollari attuali.
Sabato 27 giugno è il D-Day che aprirà una nuova era per gli azionisti Cattolica e un nuovo scenario per quelli Generali. L’assemblea della compagnia di Verona dovrà approvare la delega al cda per l’aumento di capitale di 500 milioni richiesto dall’Ivass e che servirà a spingere in alto il Solvency di Cattolica fino al 172%. Un primo ma fondamentale pezzo di un puzzle che in pochi mesi porterà Generali a detenere il 24,4% della compagnia veronese con un passaggio storico per Cattolica: dal 1° aprile 2021 l’unica cooperativa assicurativa quotata a Piazza Affari si trasformerà in società per azioni. Via il principio del voto capitario (una testa un voto) e via un assetto che solo fino a qualche mese fa sembrava granitico, tanto che l’accusa principale mossa all’ex amministratore delegato Alberto Minali, defenestrato lo scorso ottobre, era stata di tramare per la trasformazione in spa.
Un gruppo che nel 2022 faccia 5 miliardi di utile, remuneri i soci con dividendi in contanti pari al 75% dell’utile quest’anno e al 70% il prossimo e giochi un ruolo da protagonista in Europa, anche in vista di un consolidamento transfrontaliero. Sono questi gli obiettivi elencati da Intesa Sanpaolo nel prospetto informativo per l’ops su Ubi Banca che partirà ufficialmente lunedì 6 luglio. Dopo quasi cinque mesi di lavoro l’operazione annunciata a febbraio è arrivata quasi ai nastri di partenza, incassati gli ok di Bce, Ivass, Palazzo Chigi (ai sensi della normativa Golden Power) e Consob. All’appello manca solo il verdetto dell’Antitrust che arriverà soltanto a ops in corso, nella seconda metà di luglio.
Il rapporto tra Enrico Cuccia e il suo mentore Raffaele Mattioli è costellato da contrasti e riconciliazioni, a testimonianza non solo del temperamento dei due banchieri ma anche della delicata relazione professionale che c’era tra loro. La Comit di Mattioli era tra i fondatori e gli azionisti diretti di Mediobanca la quale però, sotto l’abile regia di Cuccia, reclamò sempre la propria indipendenza. Una dialettica riscontrabile in molti episodi come quando lo gnomo di via Filodrammatici rifiutò di assorbire i prestiti a breve delle banche Iri o di fare piccoli favori al bibliofilo Mattioli, quale il finanziamento della Einaudi. Oggi, nel ventennale della morte, Giorgio La Malfa ricorda quella testarda difesa dell’autonomia come uno dei lasciti più attuali di Cuccia. Anche alla luce del fatto che, proprio in questi mesi, Mediobanca è finita sotto scalata. Quello di La Malfa con Piazzetta Cuccia è un rapporto affettivo prima che professionale come dimostrano i molteplici ruoli ricoperti ancora oggi, da presidente di ReS a componente del comitato scientifico dell’archivio storico Vincenzo Maranghi.
Detrazione per il risparmio energetico e sisma bonus fruibili anche dai titolari di reddito d’impresa, a prescindere dalla destinazione degli immobili posseduti e/o detenuti. Bonus, quindi, sia per gli immobili civili, sia per gli immobili strumentali e merce. L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 34/E del 25 giugno scorso, ha fornito i necessari chiarimenti sull’applicabilità delle agevolazioni, di cui ai commi da 344 a 349, dell’art. 1 della legge 296/2006, sul tema della detrazione (Irpef e Ires) per gli interventi relativi al contenimento dei consumi energetici su edifici esistenti. L’Amministrazione finanziaria ha spesso sostenuto che l’agevolazione spettasse esclusivamente per gli interventi eseguiti sui fabbricati strumentali delle imprese, con la conseguenza che la detrazione non avrebbe potuto far riferimento agli immobili «merce» (per le imprese che costruiscono o vendono) e quelli «patrimoniali» (civili).
La soluzione-lampo dell’improvvisa crisi emersa in Cattolica Assicurazioni (con l’intervento decisivo delle Assicurazioni Generali) è certamente una notizia finanziaria di primo livello, ma non solo. La compagnia veronese è da mesi alle cronache. Lo scorso ottobre l’amministratore delegato Alberto Minali (un manager di scuola Generali) era stato bruscamente congedato dal consiglio d’amministrazione presieduto da Paolo Bedoni per divergenze strategiche (Minali era favorevole ad aggregazioni che avrebbero modificato l’attuale modello cooperativo di Cattolica). Il titolo della compagnia (di cui da tre anni Warren Buffett è primo azionista con il 10%) aveva cominciato a cadere in Borsa, finendo poi travolto dai ribassi-Covid. Infine, durante il lockdown, l’authority di vigilanza Ivass ha imposto a Cattolica una ricapitalizzazione immediata da 500 milioni per rafforzare un bilancio non solidissimo. E poche settimane sono bastate per verificare le chance quasi inesistenti, per Cattolica, di raccogliere sul mercato capitali freschi di importo così elevato, mantenendo lo status di cooperativa veronese.
La «suasion» di Ivass (cioè la stessa Bankitalia) è rimasta invece molto pressante in una fase in cui l’Azienda-Italia non si può permettere focolai di crisi finanziaria e tanto meno l’esposizione di una compagnia come Cattolica al rischio di indesiderati ingressi esteri nella proprietà.
Nel Regno Unito l’industria dell’automobile è sull’orlo dell’abisso, stretta fra la Brexit, lo choc per il confinamento legato alla pandemia di Covid-19 e la transizione verso l’auto elettrica. La produzione di vetture è quasi dimezzata in tre anni e un posto di lavoro su sei è minacciato nella filiera. Nel 2020 l’industria britannica dell’auto produrrà 900 mila veicoli a causa della chiusura delle fabbriche durante il confinamento (alcune non hanno ancora riaperto come quella di Vauxhall, del gruppo Psa, a Ellemere, che resterà chiusa fino a settembre). Erano 1,7 milioni di automobili nel 2017 (1,3 milioni l’anno scorso). L’80% dei veicoli prodotti in Gran Bretagna viene esportato: di questi, due terzi verso l’Unione europea.
- B.Generali, finanziamenti alle pmi
Banca Generali accelera sulle soluzioni per attivare il risparmio privato a supporto dell’economia reale e delle imprese colpite dall’emergenza sanitaria. Prende il via una nuova cartolarizzazione, chiamata Italianonsiferma, curata da Credimi, per 40 milioni di euro a disposizione delle pmi del Piemonte e della Valle D’Aosta. L’iniziativa è stata possibile grazie all’intervento come anchor investor di Fondazione Crt, tramite Fondazione sviluppo e crescita, e di Finpiemonte.Le imprese che possono accedere a questi fondi devono avere meno di 500 dipendenti, un fatturato sopra i 100 mila euro, essere società di capitali con almeno un bilancio depositato o società di persone con almeno una dichiarazione fiscale. La procedura è digitale attraverso il sito Credimi.com. I finanziamenti, che avranno un importo compreso fra 30 mila e 750 mila euro, dovrebbero raggiungere oltre 400 pmi del territorio.
- Garanzia Italia, parte anche il factoring
Operatività anche per il factoring di Garanzia Italia, lo strumento previsto dal dl liquidità con le misure per la liquidità per sostenere, attraverso la garanzia di Sace e la controgaranzia dello Stato, la continuità operativa e la ripartenza delle attività economiche e d’impresa danneggiate dall’emergenza Covid-19. Lo hanno annunciato ieri Sace e Assifact, associazione italiana per il factoring. In sede di conversione in legge (40/2020) del dl 23/2020, si legge in una nota, le operazioni di factoring, attraverso cui le imprese cedono i propri crediti commerciali a banche o società specializzate che provvedono alla loro gestione e riscossione e concedono anticipazioni sui crediti stessi, si sono affiancate a quelle di finanziamento previste dal decreto legge come interventi a sostegno della liquidità delle imprese che possono beneficiare delle garanzie di Stato. In particolare, tra le operazioni che rientrano nel perimetro di Garanzia Italia vi sono: la cessione di crediti pro solvendo (salvo buon fine), sia spot che revolving; gli anticipi a favore delle aziende su futuri crediti commerciali che derivano da contratti di fornitura, commesse o appalti; altre operazioni in cui l’azienda incarica la società di factoring di pagare a scadenza per suo conto i crediti relativi alle fatture emesse nei suoi confronti dai fornitori, previa conferma della regolarità delle forniture da parte dell’azienda stessa. Le linee di credito, inoltre, dovranno essere destinate a sostenere attività in Italia, tra cui capitale circolante e investimenti.
- Le prossime mosse di Intesa “Dopo Ubi operazioni europee”
Intesa Sanpaolo prepara l’offerta su Ubi, in Borsa dal 6 al 28 luglio, pensando alle future mosse internazionali. «La prospettiva dei prossimi anni è un consolidamento in cui i principali operatori potranno essere campioni sia europei sia extra-europei – si legge nel prospetto dell’Ops – . È nostro interesse raggiungere dimensioni che consentano di svolgere un ruolo proattivo nel panorama europeo. La crescita dimensionale per vie esterne è, a oggi, la strategia obbligata per raggiungere quest’obiettivo». Tempi e modi non sono specificati, e sembrano legati soprattutto al completamento dell’Unione bancaria, che rendere convenienti le fusioni nell’Ue. Ma dietro le quinte, e dopo l’interlocuzione con la Bce sul dossier Ubi autorizzato di slancio dalla vigilanza di Andrea Enria, Intesa sembra studiare la tattica offensiva.
- Sui viaggi cancellati e non rimborsati in Italia l’Ue ipotizza l’infrazione
La Commissione europea è pronta a procedere contro l’Italia per non avere garantito la scelta tra voucher e rimborso per i viaggi cancellati a causa del Covid- 19. Il passo dovrebbe arrivare giovedì prossimo. Roma sta però cercando di evitare l’infrazione, forte dell’alleanza con una dozzina di Paesi nel mirino di Bruxelles. Bruxelles appare inflessibile nel difendere i diritti dei consumatori in tutte le fasi della pandemia. Quanto meno nel filone che comprende i mancati rimborsi per aerei, treni e traghetti. Per avere la certezza di scamparla, il governo dovrebbe impegnarsi a modificare la norma con effetto retroattivo e dare alle persone la possibilità di scegliere se scambiare con il rimborso i voucher ricevuti nei mesi scorsi.
- Intesa-Ubi, Messina: ora la parola agli azionisti
L’offerta di scambio di Intesa Sanpaolo su Ubi partirà il 6 luglio. Ieri l’istituto guidato da Carlo Messina ha ricevuto il nulla osta Consob alla pubblicazione del prospetto dell’offerta. La banca milanese ha proposto ai soci di Ubi di scambiare 10 azioni con 17 titoli Intesa. Ci sarà tempo per aderire fino al 28 luglio. Per Ca’ de Sass si compie «un ulteriore significativo passaggio», ha commentato il consigliere delegato di Intesa in una nota in cui riassume gli obiettivi dell’offerta di scambio su Ubi, messa a punto con l’advisory di Mediobanca e di Pedersoli Studio Legale. L’integrazione tra Intesa e Ubi, ricorda Messina «è in grado di rafforzare il sistema finanziario italiano, in un contesto in cui è richiesto agli operatori di sviluppare la capacità di competere nell’interesse del Paese». Ca’ de Sass punta a «un pieno coinvolgimento delle Fondazioni Territoriali di Ubi per fornire un consistente supporto alle comunità territoriali, con un’attenzione particolare alle ricadute sociali», spiega Messina, sottolineando «2.500 assunzioni di giovani, promuovendo il ricambio generazionale e sostenendo l’occupazione», e l’erogazione «nel triennio 2021-2023 di 10 miliardi l’anno all’economia reale».
- Educazione finanziaria, italiani in fondo alla classifica
Quanto ne sanno di tassi e mercati gli italiani? Sempre troppo poco, purtroppo. Ieri Banca d’Italia — che ha avviato un Dipartimento dedicato anche all’educazione finanziaria — ha presentato l’Indagine sull’alfabetizzazione e le competenze finanziarie, condotta in ambito Ocse nei primi mesi del 2020 (la precedente era del 2017). Con un punteggio di 11,2 siamo sempre sotto la media (13), in fondo alla classifica. Ma, rispetto ad altri, consapevoli di non sapere e più prudenti sul fronte dell’indebitamento personale. Si può partire da qui per migliorare nelle performance da risparmiatori. E anche nel prossimo sondaggio.
- Paolo ROTELLI GRUPPO SAN DONATO. «Sanità, noi a disposizione del Paese Nell’emergenza siamo stati in prima linea»
«Il sistema misto pubblico-privato si conferma un’eccellenza». «Confermiamo gli investimenti. Diciamo che preferiamo concentrarci sulle esigenze del nostro Paese. Borsa? Non cancelliamo alcuna opzione. Nei cda dei nostri ospedali abbiamo rafforzato competenze legate a territorio e finanza-assicurazioni in previsione anche di un’apertura al mercato: l’ex ministro Roberto Maroni entra nel board degli Istituti clinici Zucchi, e in quello del San Raffaele il ceo di Axa Italia Patrick Cohen e l’ex ceo di Deutsche bank Italia Flavio Valeri».
- Sace-Assifact per il factoring
«Garanzia Italia» — lo strumento previsto dal decreto liquidità — diventa operativo anche per il factoring. Lo hanno annunciato ieri Sace e Assifact, l’Associazione italiana per il factoring.
- Banca Generali, 40 milioni per sostenere le pmi
Banca Generali accelera le soluzioni per attivare il risparmio privato a supporto delle imprese. Al via, infatti, una nuova cartolarizzazione «Italianonsiferma» curata da Credimi, per complessivi 40 milioni di euro da mettere a disposizione delle piccole e medie imprese di Piemonte e Valle D’Aosta. L’iniziativa ha come anchor investor Fondazione Crt e Finpiemonte.
- Sace, garanzia statale su operazioni di factoring
Sace attiva l’operatività per fornire la garanzia pubblica su operazioni di finanziamento diverse dai prestiti bancari tradizionali quale è il settore del factoring. La società guidata da Pierfrancesco Latini ha messo a punto assieme a Assifact, l’associazione italiana per il factoring, la procedura per accedere alle garanzie, da un massimo del 90% dell’importo (per aziende con fatturato entro 1,5 miliardi) a un minimo del 70% (oltre i 5 miliardi), anche per queste tipologie di finanziamento. Tra le categorie ammesse alla garanzia la cessione di crediti pro solvendo (salvo buon fine), sia spot che revolving; gli anticipi a favore delle aziende su futuri crediti commerciali che derivano da contratti di fornitura, commesse o appalti; altre operazioni in cui l’azienda incarica la società di factoring di pagare a scadenza per suo conto i crediti relativi alle fatture emesse nei suoi confronti dai fornitori, previa conferma della regolarità delle forniture da parte dell’azienda stessa.
- Quanti Millennials per la pensione
Millennials e pensione. Un binomio che deve ancora nascere. La percezione che ha della pensione la generazione nata tra il 1981 e il 1996 è sempre più negativa, la sente lontana e spesso irraggiungibile. Di fronte a questa visione desolante la conseguente necessità di farsi una pensione integrativa, non rientra tra le loro priorità. Secondo una ricerca condotta per Plus24 dal gruppo Propensione, i Millennials tendono a non intraprendere investimenti in questa direzione, vedono erroneamente la pensione come una problematica molto lontana e difficile da raggiungere. Non stupisce, quindi, che il maggior numero di aderenti ad un fondo pensione si colloca nella fascia d’età superiore ai 55 anni. La tendenza è quella di voler procrastinare. I giovani rimandano le scelte in ordine al proprio futuro pensionistico e, come sottolinea la ricerca, sono poco consapevoli dell’utilità di costruirsi una pensione di scorta.
- Fondi pensione, chi ha battuto (e ??chi no) il Tfr
Sono passati ormai 13 anni dal fatidico semestre del silenzio assenso, che nel 2007 ha spinto 12 milioni di italiani a scegliere se e come destinare il proprio Trattamento di fine rapporto (Tfr) a una forma di previdenza integrativa. Fino a quel momento solo un numero esiguo di lavoratori aveva scelto di costruirsi una pensione di scorta, che in Italia era possibile concretamente attivare fin dal 1995, con il lancio dei primi fondi pensione rivolti inizialmente a un pubblico di nicchia.
- La débacle dei fondi pensione aperti azionari, in 13 anni c’è chi va sottozero
C’è chi non è riuscito a ottenere dai propri risparmi previdenziali un’adeguata rivalutazione. In primis i sottoscrittori di Bim Vita Equity che dal semestre del silenzio assenso a fine maggio scorso registrano un calo del -2%. Ma ci sono anche altri fondi pensione aperti che evidenziano risultati poco lusinghieri in un arco temporale in cui le Borse mondiali, tra alti e bassi, hanno guadagnato il 97,5%, secondo l’indice Msci World total return.
- Lo Stato preleva circa 40 miliardi dei 67 versati per il Tfr dei lavoratori
«Lascio il Tfr in azienda». È la scelta che milioni di lavoratori dipendenti pensano di aver fatto non aderendo a una forma di previdenza integrativa. In realtà dal 2007, le somme accantonate dai datori di lavoro con più di 50 dipendenti sono gestite dall’Inps, per conto dello Stato, su un Fondo di Tesoreria. Fino al 2018 (ultimo dato disponibile) le somme versate sono pari a 67,8 miliardi di euro, secondo la ricostruzione fatta da Plus24 esaminando minuziosamente i bilanci annuali dell’Inps. Somme che per un terzo sono state utilizzate per pagare circa un milione di liquidazioni ogni anno per un totale di 20,4 miliardi di euro e un numero crescente di anticipazioni del Tfr (da 53mila nel 2007 a 110mila nel 2018) per una cifra totale di 3,6 miliardi di euro.
- Gli iscritti di FondInps nella linea garantita di Cometa
Finisce l’era di FondInps, il fondo pensione che ha accolto il Tfr in questi anni degli iscritti silenti, per i quali non c’erano forme di previdenza integrativa ad hoc. I ministeri dell’Economia e del Lavoro hanno già firmato il decreto di soppressione del fondo e si attende la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. A quel punto, trascorsi 60 giorni, gli iscritti a FondInps passeranno a tutti gli effetti nel fondo Cometa, il più grande di tutti i negoziali, a cui fanno riferimento i lavoratori metalmeccanici (411mila iscritti e 12 miliardi di patrimonio). Da quel momento, quindi, gli ex FondInps e tutti i futuri aderenti alla previdenza integrativa con il meccanismo di silenzio-assenso (e senza un fondo di categoria) confluiranno nel comparto garantito di Cometa.
- Pensione integrativa europea (Pepp) Tra un anno saranno dolori fiscali
La tassazione sui fondi pensione italiani dovrà cambiare ed essere più favorevole per gli aderenti. C’è tempo almeno un anno, ma visti i tempi della burocrazia nazionale conviene darsi una mossa. Il motivo di questa modifica fiscale è presto detto. Nel 2021, entrerà in vigore in Europa la normativa sui Pan-European Personal Pension Products (Pepp). Sono i fondi pensione europei di cui si parla da anni e che consentono, tra l’altro, ai lavoratori di portare dietro il proprio fondo in caso di trasferimento in altro Paese dell’Unione.
- Grazie a Iorp II ci saranno meno fondi
C’è voluta una direttiva europea battezzata con l’ennesima sigla (IorpII) a spingere alle fusioni i fondi pensione italiani. A metterlo nero su bianco è lo stesso presidente della Covip, Mario Padula, nelle sue considerazioni sul 2019: «La concentrazione del settore è da considerare con favore, tendendo a realizzare economie di scala che si traducono in riduzioni dei costi e in innalzamento della qualità della gestione e dei servizi offerti agli iscritti». E a proposito di IorpII ha aggiunto: «A rafforzare questa tendenza inducono ora i più elevati standard in termini di organizzazione interna introdotti di recente dalla direttiva Ue 2016/2341 (cosiddetta Iorp II)». Mole normativa, pressante controllo dei rischi, azionariato attivo: i fondi pensione sono bombardati di nuove regole soprattutto dall’Europa; e veicoli previdenziali con poche centinaia di milioni di patrimonio rischiano di soccombere.
- Ecobonus, nella partita potrebbero entrare anche gli enti pensione
È una delle misure più importanti del Decreto Rilancio ancora in via di approvazione in Parlamento. È l’Ecobonus per la ristrutturazione energetica di appartamenti e ville che consentirà ai proprietari di realizzare i lavori senza sborsare un centesimo, cedendo il credito d’imposta del 110% all’impresa edile o alle banche. Ma qualcuno poi dovrà pagare i lavori di efficientamento. A questo punto potrebbero entrare in gioco anche le Casse di previdenza e i fondi pensione: in Parlamento sono stati presentati emendamenti che consentono l’estensione tra i potenziali soggetti cessionari dei crediti fiscali, anche gli enti pensione. «Il canale bancario e quello degli altri cessionari ammessi all’iniziativa sarà determinante per offrire la necessaria liquidità per lo smobilizzo dei titoli di credito a condizioni e tempi più certi possibili – spiega Evarist Granata, amministratore delegato di Acp Sgr che ha lanciato di recente un fondo alternativo a supporto della transizione energetica –. Tuttavia sarà altrettanto opportuno affiancare strumenti di finanza alternativa green da parte di fondi specializzati nel settore energetico, in grado di fornire liquidità». Fondi pensione, Casse di previdenza e banche potrebbero dunque fornire liquidità all’operazione Ecobonus sottoscrivendo i fondi alternativi ma anche entrando in veicoli giuridici costituiti ad hoc.
- Come scegliere tra beneficio fiscale e peso degli oneri
La necessità di dotarsi di forme di previdenza “di scorta” è avvertita da molti giovani e non. Quando però si arriva a scegliere concretamente la formula da cucirsi addosso le cose si complicano. Ci sono molti aspetti da valutare a partire dal fatto che il lavoratore aderisca o meno già a un fondo di categoria. Se il risparmiatore vuol costruirsi uno strumento ad hoc occorre valutare in primis i costi. «In orizzonti di medio e lungo termine – spiega Andrea Rocchetti, Head of investment advisory di Moneyfarm – possono fare una grande differenza. Su un orizzonte di 10 anni i Pip azionari e bilanciati hanno costi annui superiori al 2% mentre i fondi aperti si posizionano al di sotto. Il fattore dei costi incide ovviamente sulle performance complessive». Il risparmiatore deve farsi un po’ di conti o avvalersi di un professionista.
- Sale l’asticella del rischio per gli obiettivi pensionistici
Rendimenti obbligazionari a zero o poco più e valutazioni azionarie non particolarmente economiche. Non è facile immaginare i rendimenti futuri per chi vuol costruirsi una pensione di scorta: è pacifico che gli alti tassi obbligazionari del passato resteranno un ricordo. «L’idea di utilizzare nel passato il BTp come forma di investimento – spiega Paolo Cardenà, private banker – è stata ottimale. In un arco di tempo ventennale 10mila euro investiti a inizi anni 2000 in BTp decennali sarebbero diventati oltre 37mila euro lordi a fronte dei 22 mila lordi ottenuti puntando sull’azionario globale. L’inflazione cumulata in questi 20 anni è stata pari al 39% e avrebbe comunque consentito, con il BTp, di doppiare l’investimento in termini reali. Se limitiamo l’analisi dal 2007 a oggi vediamo che le due tipologie di investimento vedono sempre in testa in BTp con 23mila euro lordi a fronte dei 21mila lordi dell’azionario. Con un’inflazione al 17% cumulata tutte e due gli investimenti hanno dato ritorni reali interessanti».
- A chi è adatto il piano fai-da-te