Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Non solo pandemie ma anche calamità naturali, attacchi cibernetici e sanità. Il cantiere per individuare soluzioni pubblico-private per affrontare fenomeni globali è aperto in Europa e in Italia e gli incontri tra assicuratori, regolatori e autorità europee hanno preso il via. Nei giorni scorsi era stato il group ceo di Generali, Philippe Donnet a incontrare il vicepresidente della Commissione Europea. Valdis Dombrovskis, per presentare analisi e proposte emerse all’interno di Insurance Europe (l’Ania europea) nel gruppo di lavoro sulle pandemie guidato Frédéric de Courtois, general manager del gruppo assicurativo italiano. Mentre lo stesso de Courtois ha avuto occasione di confrontarsi sulla questione con il presidente di Eiopa (l’Ivass europea), Gabriel Bernardino, in un webinar organizzato dal think tank europeo Bruegel.
Gli italiani detengono oltre due terzi del debito pubblico nazionale. Stando ai dati Eurostat aggiornati a fine 2019, con il 68,5% l’Italia è il quinto Paese in Europa in questa classifica dopo Malta (84,8%), Svezia (80,7%), Danimarca (74,2) e Croazia (69,3%). La quota in mano a non residenti, tuttavia, è aumentata rispetto a fine 2018, passando dal 29,4 al 31,5%, seppur ancora lontana dalle percentuali toccate in Francia (50,2%) e Germania (48,3%).
«Un anno di consolidamento e transizione, che ha unificato le diverse forme previdenziali. E, anche, un anno di rendimenti a due cifre». A pochi giorni dall’assemblea di bilancio per il 2019 del Fondo pensione di Intesa Sanpaolo, prevista per venerdì 26 giugno, il presidente Mauro Bossola, anche segretario generale aggiunto della Fabi, parla dell’andamento di uno dei più importanti fondi previdenziali del Paese. «In poco più di un triennio gli aderenti sono passati da 54 mila a quasi 75 mila e il patrimonio gestito da 4,2 miliardi a oltre 6,8 miliardi di euro», spiega Bossola.
- Attuari pronti a calcolare i danni sistemici
Gli attuari sono pronto a creare una task force, da mettere a disposizione del governo, per conoscere preventivamente l’impatto dei rischi cosiddetti sistemici, come per esempio quelli climatici, catastrofali, pandemici, al fine di trovarsi più preparati ad affrontare la portata e gli effetti di eventi negativi quando questi si verificano. «Siamo pronti a mettere a disposizione del Paese la nostra competenza nelle tecniche statistico-probabilistiche per la gestione preventiva dei grandi rischi», dice Giampaolo Crenca, presidente del Consiglio nazionale degli attuari, «non soltanto i rischi che potrebbero intaccare una società, un fondo pensionistico e in generale qualunque singola entità, ma anche quelli che minacciano interi settori dell’economia, collettività, Paesi e governi».
Dopo quasi mezzo secolo trascorso con la mascherina calata su naso e bocca, nei giorni del coronavirus il cardiochirurgo Alessandro Mazzucco può, da presidente della Fondazione Cariverona, prendersi la libertà di parlare senza bavagli con il cronista e di consentire all’interlocutore di fare altrettanto. Nel Palazzo Pellegrini di via Achille Forti gli spazi per mantenere le distanze di sicurezza non mancano di certo. La sede dell’ente più importante di Verona – primo azionista italiano di Unicredit, al quinto posto nella classifica delle 88 fondazioni bancarie d’Italia e nel ristrettissimo gruppo delle dieci con un patrimonio a nove zeri – sembra più che altro un museo. E non solo per le dimensioni. In ogni salone, in ogni corridoio, in ogni ufficio t’imbatti in artisti che dal passato remoto (Jacopo Bassano, Bernardo Bellotto, Gaspare Vanvitelli, Abraham Brueghel, Jacopo Palma il Giovane, Felice Brusasorzi, Paolo Farinati) ti accompagnano fino al secolo scorso (Beppe Ciardi, Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Mario Sironi, Filippo De Pisis, Giorgio Morandi, Renato Guttuso, Gino Severini, Giacomo Manzù, Ardengo Soffici, Alberto Savinio, Angelo Dall’Oca Bianca, Emilio Vedova). In tutto 952 fra dipinti e sculture.
- L’estate dei voli fantasma
I biglietti aerei in vendita fanno pensare a voli normali e frequenti. Diretti in località «classiche» visto il periodo (capitali, città turistiche, luoghi di villeggiatura) a prezzi convenienti e orari interessanti. C’è solo un piccolo particolare: molti sono collegamenti che non decolleranno. Non quel giorno. E con ogni probabilità pure nelle settimane successive. La compagnia aerea lo sa. Il passeggero no. L’estate 2020 passerà alla storia come la stagione dei voli «fantasma» in Europa e negli Usa. Migliaia di posti inesistenti venduti a bordo di velivoli ancora fuori uso che portano soldi alle casse dissanguate dei vettori — dopo tre mesi di frontiere chiuse e fermo dei viaggi — e voucher ai clienti. Un bilancio ufficiale non c’è, ma i database internazionali qualche numero lo offrono: se a fine maggio i sedili messi in vendita sui voli in Europa nella settimana 15-21 giugno erano 17,8 milioni, quelli reali sono stati 3,9 milioni. Tutti gli altri? Spariti, anche se venduti in buona parte. Ufficialmente la causa è l’emergenza sanitaria che tra ondate epidemiologiche e restrizioni tra Paesi rende impossibile il volo. Dietro le quinte le spiegazioni sono altre. Una è tecnica: «I collegamenti li abbiamo messi in vendita diversi mesi fa e non sono stati mai tolti, anche perché ci aiutano a capire dov’è che “tira” il mercato post-Covid», confidano al Corriere due dirigenti di altrettante low cost europee. Insomma: sanno che non decolleranno, ma li tengono. L’altra motivazione è operativa: «I flussi sono ancora ridotti, gli aerei non si riempiono e così conviene cancellare il volo invece che farlo decollare». Anche perché in cambio — e siamo alla terza ragione — il vettore offre un voucher e non restituisce denaro.
- I due terzi degli italiani apprezzano l’assistenza sanitaria