di Luca Gualtieri
Tutto ora dipende dalla Bce. I futuri equilibri della galassia del Nord sono appesi al verdetto che Francoforte rilascerà entro il mese di agosto sulla richiesta di superare il 10% di Mediobanca presentata venerdì 29 da Delfin. La holding di Leonardo Del Vecchio, posizionata già oggi al 9,9% dopo i pesanti acquisti compiuti tra settembre e novembre 2019, è pronta infatti a scattare verso il 20% e a giocare un ruolo di primissimo piano negli assetti di controllo della merchant. La conferma è arrivata ieri mattina con un laconico comunicato che faceva seguito alle indiscrezioni due giorni fa e che ha messo un punto fermo dopo mesi di rumors su una possibile scalata. «Il procedimento autorizzativo», puntualizzava la nota, «salvo sospensione ha una durata massima di 60 giorni lavorativi dalla data dell’avviso di ricevimento della notifica da parte della Banca d’Italia». Parole che hanno messo il turbo al titolo Mediobanca, facendogli guadagnare l’8% a 6,3 euro fra scambi pari al 2% del capitale.
Il verdetto di Bce potrebbe arrivare entro agosto e, in caso di luce verde (in ambienti finanziari circola già una certa fiducia in tal senso), consentirebbe a Del Vecchio di giocare un ruolo attivo nell’assemblea che a ottobre sarà chiamata a eleggere il nuovo consiglio di amministrazione di Mediobanca. Su quali siano le reali intenzioni di Mr. Luxottica e del suo fidato collaboratore Francesco Milleri le carte restano ben coperte e probabilmente rimarranno tali fino al pronunciamento della Bce. Per il momento sembra però che Delfin non sia interessata a presentare una lista alternativa a quella che a fine agosto sarà varata dal board uscente di Mediobanca (a cui stanno lavorando gli head hunter Egon Zehnder e Spencer Stuart). Un’ipotesi che, se confermata, lascerebbe spazio per un tentativo di mediazione con l’attuale vertice della merchant. Difficile dire quanto ampio sia lo spazio per trattare: se infatti il peso specifico raggiunto giustificherebbe Delfin nel chiedere un consigliere e la presidenza, Piazzetta Cuccia non è disposta a rinunciare a un amministratore storico come Renato Pagliaro. Non meno complessa da gestire potrebbe essere la richiesta di un nuovo direttore generale per il quale si fa il nome dell’attuale presidente di Jp Morgan in Italia Vittorio Grilli, consulente finanziario di Del Vecchio nella partita. Vero è che un primo segnale di discontinuità con il passato il ceo Alberto Nagel lo ha già dato nei mesi scorsi annunciando al mercato una revisione dello statuto di Mediobanca che, eliminando alcune rigidità del passato, lo allineerà alle best practice internazionali. Un lavoro delicato i cui frutti potrebbero essere presentati il 30 luglio in occasione dei risultati di bilancio.
Se la strada della mediazione è in salita, le alternative non sono molte. Da un lato Nagel potrebbe chiamare a raccolta gli azionisti vecchi e nuovi, dalla Mediolanum della famiglia Doris (oggi al 3,28%) alla Unipol di Carlo Cimbri che nei mesi scorsi si è silenziosamente acquattata poco sotto al 2%. Come terza via c’è sempre la possibilità di mettere in campo un’operazione straordinaria per diluire Delfin. Di un deal nel settore del wealth management si mormora da tempo (tra i target possibili Fineco, Azimut e la stessa Mediolanum) ma forse per un’iniziativa di questo genere oggi Nagel è già fuori dal tempo massimo. (riproduzione riservata)
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