La pandemia Covid-19 si sta rivelando un esperimento naturale sulla tenuta dei modelli di sistema sanitario nazionale applicati nei diversi paesi.
La gestione delle risorse sanitarie è sempre stata un terreno di acceso dibattito incentrato sul difficile equilibrio tra qualità del servizio e sostenibilità finanziaria. Lo stress cui sono stati sottoposti i sistemi sanitari ne ha rivelato i punti di debolezza e di resilienza che sono stati cruciali nella tempestività del contenimento del contagio e, conseguentemente, sul suo impatto sull’economia.
È lecito domandarsi dunque in che modo la crisi inciderà, nel breve e medio periodo, sull’andamento della spesa sanitaria.
Da uno studio dell’ Economist Intelligence Unit – EIU, la divisione di ricerca della rivista britannica The Economist – emerge un quadro di previsione largamente controintuitivo. Si stima infatti che la spesa sanitaria, espressa in dollari, dei 60 paesi più popolosi diminuirà dell’1,1% nel 2020. Solo parte di questa variazione è spiegata dal rafforzamento della divisa americana. Queste previsioni sono in contrasto con l’esperienza delle passate recessioni, durante le quali il settore sanitario ha dimostrato maggior resilienza rispetto agli altri.
Durante la crisi finanziaria globale del 2009-11, la spesa sanitaria dell’aggregato dei 60 paesi più grandi crebbe del 2,8%, in forte rallentamento rispetto agli anni precedenti alla crisi, ma anche in netto contrasto con l’andamento del totale dell’economia, che invece si contrasse dell’1,8%. L’analisi del confronto internazionale, pur confermando il dato aggregato, fa emergere notevoli differenziazioni tra le principali economie. Per quanto riguarda i paesi industrializzati, la contrazione della spesa sanitaria sarebbe del 2,8% nel Regno Unito nel 2020 (+3,5% nel 2021), dell’1,6% in Germania (+4,5%), dell’1,0% negli Stati Uniti (+3,8%), mentre rimarrebbe stabile in Giappone (+0,2%, +2,3% nel 2021). Le maggiori economie emergenti registrerebbero solo un vistoso rallentamento nel 2020 e un altrettanto forte rimbalzo l’anno successivo. Il risultato è solo in apparenza controintuitivo.
È certamente vero che molte risorse sono state e saranno destinate a finanziare la gestione del contagio, il trattamento dei pazienti e la ricerca medica per l’individuazione di vaccini e terapie. Tuttavia, lo stato di emergenza ha indotto le autorità sanitarie e la popolazione a differire prestazioni considerate non urgenti, le prime per poter allocare più strutture ai malati gravi di Covid-19 e la seconda per evitare di frequentare aree a maggior rischio di contagio.