di Angelo De Mattia
Si profila il superamento di quella originalità data da una cooperativa assicurativa di apprezzate tradizioni, Cattolica, quotata in borsa senza essere una spa. Il che fino a oggi ne ha impedito la contendibilità, con precedenti anche nel settore bancario, considerato il principio una testa, un voto. L’intervento annunciato dalle Generali, che garantiranno alla compagnia veronese risorse per 300 milioni di euro attraverso un aumento di capitale riservato, porteranno Trieste al 24,5%. Se l’operazione andrà in porto, il Leone passerà dal rischio di finire preda – corso con la fallita operazione di Intesa Sanpaolo qualche anno fa o come si andava spesso ripetendo alludendo a mire poi smentite, da parte di Axa e di Allianz – al ruolo dell’aggregatore. Perché ciò accada, l’ulteriore passaggio inevitabile sarà la trasformazione in spa da parte della cooperativa. Se questa strada verrà effettivamente percorsa, avranno contribuito non poco le vicende occorse nella compagnia a livello di governance, con quella che di fatto è apparsa come l’estromissione inaspettata dell’ad Alberto Minali, manager rigoroso, di grande competenza ed esperienza. Con il repentino ritiro delle deleghe gestionale a quest’ultimo, è cresciuto il pressing dell’Ivass, culminato nella richiesta di approntare una ricapitalizzazione consistente per risollevare il Solvency ratio dai livelli di guardia toccati nelle settimane della crisi Covid. L’assemblea di domani dovrebbe decidere sulla delega al cda per varare l’aumento. Sono in piedi la suddetta trasformazione della forma giuridica e la riforma della governance, con misure importanti di revisione statutaria. Insomma, si sta per aprire una fase di rivisitazione non affatto ordinaria. C’è da capire bene quali saranno le strategie che il gruppo presieduto da Paolo Bedoni metterà in campo anche nei confronti del suo tradizionale mondo di riferimento, i rapporti che si instaureranno nell’assetto azionario in cui figura anche Berkshire Hathaway. L’acquisto di circa il 9% della compagnia da parte del veicolo d’investimento che fa capo a Warren Buffett fu salutato con grande soddisfazione per il suo significato, esattamente come avviene oggi per il disegno delle Generali che qualcuno vede già proiettato fino alla vicenda dell’ops di Intesa su Ubi, nella quale la cooperativa detiene una quota conferita nel patto Car. Tornando all’operazione prospettata dalle Generali (si ripresenta alla mente il percorso per l’acquisizione ai tempi di Ina-Assitalia), sarà doverosa – se l’iniziativa decollerà e non solo ovviamente per le necessarie autorizzazioni ma anche per i risparmiatori e il mercato – una puntuale informazione sulle finalità di breve e di lungo termine, con riferimento ai settori da privilegiare nell’operatività e, prima ancora, al ruolo di primo azionista che il Leone verrebbe ad assumere. Una compagnia, come Cattolica, con storici rapporti con la clientela e con i mercati non potrebbe ovviamente diventare, a lungo andare e a seconda degli scopi perseguiti con il nuovo ingresso, solo un pezzo di una multinazionale. D’altro canto, politiche espansive ripropongono il tema ormai annoso di un rafforzamento del capitale del Leone. E di qui si transita alla vicenda dell’aumento della partecipazione in Mediobanca da parte della Delfin di Leonardo Del Vecchio, ora all’esame della Vigilanza unica: un’operazione sulla quale si stanno facendo ridicole dietrologie, quando, invece, sarebbe doveroso attendere l’esito del vaglio, che sarà scrupoloso, obiettivo, senza inseguire fantasmi, della stessa Vigilanza. (riproduzione riservata)
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