di Luca Gualtieri
Leonardo Del Vecchio inizia a scoprire le carte sulla scalata a Mediobanca, mentre il governo punta una lente sulla rilevanza della partecipazione che Mister Luxottica andrà ad assumere nell’istituto.
Pochi giorni dopo la richiesta di autorizzazione a Bce per salire nel capitale della merchant ieri Del Vecchio è uscito allo scoperto sugli obiettivi strategici dell’iniziativa: l’idea è «riportare Generali al ruolo leader che aveva nel mercato assicurativo europeo alla fine degli anni ‘90 e che poi ha perso», ha spiegato a Reuters una fonte vicina all’imprenditore che oltre al 9,9% di Mediobanca ha il 5% del capitale di Generali, di cui oggi è il terzo azionista. L’investimento di Del Vecchio a Trieste risale al 2007 ma si è notevolmente arrotondato negli ultimi anni grazie agli acquisti compiuti in tandem con Francesco Gaetano Caltagirone. Oggi, grazie alla progressiva crescita di Delfin nell’azionariato di Mediobanca, la presa dell’imprenditore sulla compagnia potrebbe stringersi ulteriormente e incidere così sulle scelte strategiche. Non è un mistero peraltro che Del Vecchio nutra da tempo ambizioni di questo tipo. L’imprenditore vorrebbe vedere un salto di qualità che consenta a Generali di competere alla pari con giganti europei come Allianz, Axa o Zurich. Un progetto cui Delfin non farebbe mancare munizioni in caso di aumento di capitale. Le critiche per la verità a qualcuno sono sembrate ingenerose alla luce dei numeri di Generali, dal solvency ratio del 190%, in linea o migliore di quello dei principali competitor, al total shareholder return dell’88% registrate da novembre 2016 a febbraio 2020.
Vero è in ogni caso che le dichiarazioni di Del Vecchio sono state lette con attenzione a Roma, dove da qualche giorno Palazzo Chigi ha iniziato a studiare il dossier. Un approfondimento nel quale a breve potrebbe essere coinvolta anche Consob. L’obiettivo principale del governo è verificare se la quota che Del Vecchio intende assumere in Mediobanca possa configurarsi come «controllo» dell’istituto, circostanza che farebbe scattare l’obbligo di notifica degli acquisti al governo e potrebbe attivare quel golden power su cui in parlamento si è iniziato a ragionare. Il concetto di controllo però non è fissato univocamente e va declinato caso per caso sulla base soprattutto della capacità del nuovo azionista di condizionare l’assemblea. Si tratta di un tema simile a quello che nel 2017 si era posto per Vivendi nell’ambito della vicenda Tim. Ad alimentare la richiesta di un intervento pubblico o comunque di forme di garanzia è soprattutto il dubbio che nell’operazione Delfin possa fare da apripista a qualche gruppo assicurativo internazionale, una suggestione che non ha mai smesso di circolare anche se ieri Del Vecchio ha nuovamente provato a sgombrare il campo dai sospetti: come già riferito a MF-Milano Finanza l’imprenditore «non ha alcuna intenzione di portare Generali verso un matrimonio con rivali europee Axa o Zurich», ha puntualizzato una fonte vicina a Delfin, precisando poi che Del Vecchio «non intende presentare una lista propria», segno che il suo investimento in Piazzetta Cuccia «non è ostile».
Se la scalata a Mediobanca è oggi la partita più rilevante per il futuro di Generali, la compagnia sta seguendo con attenzione anche altri dossier. Secondo quanto risulta, per esempio, nei giorni scorsi il Leone sarebbe stato coinvolto nell’istruttoria che l’Antitrust sta conducendo sull’operazione Intesa Sanpaolo-Ubi. Generali Italia avrebbe risposto ai quesiti dell’authority esprimendo molto dettagliatamente la propria posizione in merito agli effetti del deal sul mercato assicurativo italiano. (riproduzione riservata)
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