La Relazione annuale sull’attività svolta dalla Covip nel 2019 indica a fine del 2019, un totale di circa 8,3 milioni di iscritti alla previdenza complementare, in crescita del 4% rispetto al 2018, per un tasso di copertura del 31,4% sul totale delle forze di lavoro.
Gli iscritti ai PIP “nuovi” sono 3,3 milioni, 3,1 milioni quelli ai fondi negoziali, oltre 1,5 milioni quelli ai fondi aperti e circa 600.000 quelli ai fondi preesistenti.
I fondi pensione attivi in Italia sono 380, così suddivisi: 33 fondi negoziali, 41 fondi aperti, 70 piani individuali pensionistici (PIP), 235 fondi preesistenti, oltre a Fondinps in via di superamento.
Si conferma la costante riduzione del numero di forme pensionistiche operanti: le forme operanti nel 1999 erano 739, quasi il doppio rispetto a oggi.
Gli uomini sono il 61,9% degli iscritti alle forme complementari (il 73,4% nei fondi negoziali), secondo un gender gap consolidato da anni. Inoltre, il 52,9% degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni, il 29,5% ha almeno 55 anni.
A fine 2019, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si attestano a 185 miliardi di euro, in aumento del 10,7% rispetto all’anno precedente: un ammontare pari al 10,4% del PIL e al 4,2% delle attività finanziarie delle famiglie italiane.
I contributi per singolo iscritto ammontano mediamente a 2.700 euro nell’arco dell’anno. Il 26,4% del totale degli iscritti alla previdenza complementare (circa 2,2 milioni) non ha effettuato contribuzioni nel 2019. La metà di essi (1,1 milioni di iscritti) non versa contributi da almeno quattro anni. Su tale fenomeno, peraltro, incide in misura significativa il meccanismo delle adesioni contrattuali nei fondi negoziali, particolarmente con riguardo a settori, come quello edile, caratterizzati da elevata discontinuità occupazionale.
Per quanto riguarda i rendimenti, il 2019 è stato un anno molto positivo per i mercati finanziari e per quelli azionari in particolare.
Ne hanno tratto giovamento anche i rendimenti dei fondi pensione, dopo un decennio in cui sono già stati in media più che positivi. Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi pensione negoziali e i fondi aperti hanno guadagnato in media, rispettivamente, il 7,2% e l’8,3%; per i PIP “nuovi” di ramo III, il risultato è stato del 12,2%. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dal flusso cedolare incassato sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1,6%. Nello stesso periodo il TFR si è rivalutato, al netto delle tasse, dell’1,5%.
A livello di costi, i PIP restano i prodotti più onerosi: su un orizzonte temporale di dieci anni, l’Indicatore sintetico dei costi (ISC) è in media del 2,20% (1,88% per le gestioni separate di ramo I e 2,30% per le gestioni di ramo III), mentre si conferma la minore onerosità dei fondi pensione negoziali (0,40%) e dei fondi pensione aperti (1,35%).
Nel corso dello scorso anno, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione guidata Mario Padula, le iniziative di vigilanza sull’andamento delle gestioni sono state oltre 800, cui hanno fatto seguito circa 450 interventi correttivi o autorizzativi.
Rilevante l’attività riguardante le operazioni di razionalizzazione, concentrazione e liquidazione delle forme pensionistiche complementari, così come quelle di monitoraggio dei fondi pensione preesistenti esposti a rischi biometrici e dei piani di dismissione immobiliare degli stessi fondi che detengono direttamente immobili in misura superiore al limite del 20% delle proprie disponibilità totali. Come negli anni passati, le verifiche in materia di trasparenza delle forme pensionistiche complementari hanno costituito un importante profilo di attenzione da parte dell’Autorità. Notevole rilievo sta sempre più assumendo il “Comparatore dei costi delle forme pensionistiche complementari” che da tre anni è disponibile sul sito Covip, grazie al quale è possibile un più immediato e fruibile confronto tra i costi delle diverse forme pensionistiche.