Dalla legislazione dettata per regolare il corretto funzionamento delle attività economiche alle circolari dell’INAIL che, soprattutto all’inizio, hanno sollevato dubbi e perplessità sulla responsabilità civile e penale del datore di lavoro. Per fare chiarezza su questo dibattutissimo tema interviene il dott. Patrizio Rossi, Sovrintendente Sanitario Nazionale INAIL che sarà tra i relatori del Seminario web di ASSINEWS “Covid-19 e Assicurazioni. La responsabilità del datore di lavoro per i danni da contagio e la tutela di chi si ammala“, in programma l’11 giugno 2020.
di Elio Marchetti
Gli assicuratori pubblici sono chiamati per legge a rispondere alle nuove istanze del paese. Come possono onorare tutti gli impegni che gli sono stati affidati?
Certamente il nostro Istituto è chiamato a rispondere alle nuove istanze del Paese, in questa fase emergenziale dettata dalla pandemia da Sars-Cov-2. Il ruolo dell’Inail deve essere quello di garantire equidistanza e terzietà rispetto a tutti gli stakeholders, attraverso una serie di interventi strutturali, tecnologici, organizzativi e prestazionali. L’emergenza COVID-19 ha rappresentato l’occasione per testare l’Istituto sotto ogni profilo.
Per quanto attiene al lavoro “in presenza”, con la nota tecnica della Sovrintendenza sanitaria centrale (Ssc) n. 2 del 12.03.2020 sono state fornite “Istruzioni per la appropriata erogazione delle prestazioni sanitarie e medico-legali nonché per la gestione delle strutture sanitarie inail”; sono stati creati i POOL MINIMI DI TRIAGE, ASSISTENZA E TRATTAMENTO nelle sedi Inail, in grado di garantire la continuità dei servizi, sia di natura diagnostico/terapeutica, sia di natura medico-legale, la TURNAZIONE del personale sanitario nelle sedi, in relazione al numero di accessi, per evitare spostamenti non necessitati, rispondendo anche a requisiti di appropriatezza nella dotazione e nel consumo di dispositivi di protezione individuale.
La normativa di tenore nazionale ha interrotto alcune attività Inail per il periodo relativo alla fase 1. Dal nostro canto, siamo intervenuti dettando ulteriori istruzioni per la GESTIONE DEL PERIODO DI INABILITÀ TEMPORANEA ASSOLUTA (ITA), anche in remoto (nota tecnica della Ssc n. 1 sulla “Gestione dei centri medico-legali e altre strutture sanitarie Inail”, allegata alla nota del Direttore generale del 25.02.2020); con particolare riguardo ai casi COVID-19 vale la pena ricordare anche la raccomandazione Ssc n. 5 del 10.04.2020, sempre relativa ad istruzioni per la gestione dell’ITA.
Sotto il profilo organizzativo, l’Inail ha dimostrato di essere stato del tutto pronto ad attuare tempestivamente soluzioni in grado di consentire modalità di LAVORO AGILE PER EMERGENZE, nell’ottica di:
- contenere la diffusione del contagio;
- non interrompere l’erogazione dei servizi.
Questa duplice ottica ha ispirato anche l’organizzazione sanitaria dell’Istituto, sia del personale che quella inerente la tipologia di attività da svolgere e le modalità di espletamento.
I canali di comunicazione telematica con l’Istituto sono stati potenziati, sia in entrata che in uscita. L’Inail, ad esempio, ha attivato il servizio di triage telefonico e/o telematico per i lavoratori che hanno denunciato infortuni lavorativi da Covid-19 con diverse finalità:
- ruolo dell’Inail al fianco delle strutture del Servizio sanitario nazionale e dei lavoratori infortunati da COVID-19, accogliendone i bisogni assistenziali;
- risk management e qualità della prestazione: strumento utile per l’istruttoria medico-legale del caso
- risk management e omogeneità della prestazione: intervista strutturata (check list e reminder)
- statistico-epidemiologica, con particolare attenzione agli aspetti lavorativi
- modalità sperimentale di lavoro agile per il personale sanitario; spazi operativi di funzionalità con attività “non in presenza”, per gettare le basi o amplificare il ruolo dell’Inail nella telemedicina e nella medicina territoriale.
Ancora, la rilevante casistica interna relativa agli infortuni da COVID-19 ha consentito, inoltre, di elaborare un ALGORITMO PER LA CONFERMA DIAGNOSTICA MEDICO-LEGALE AI FINI INDENNITARI INAIL che è stato inviato dal nostro Direttore generale al Ministero della Salute e all’Istituto superiore di Sanità in data 19.05.2020 per la necessaria condivisione.
L’Istituto sull’esecuzione dei tamponi ha preso una posizione chiara: «il tampone negativo non risulta ostativo in senso assoluto alla conferma diagnostica sul piano medico-legale (SI/NO, accertamento caso per caso). Ciò in quanto, quando l’insieme dei documenti sanitari acquisiti (cartelle cliniche di pronto soccorso e/o di ricovero, risultati di esami diagnostici strumentali, certificazioni inerenti ai trattamenti effettuati sul paziente, etc.) depone univocamente per la presenza di una malattia COVID-19, non è possibile ipotizzare una causa di infezione alternativa al Nuovo Coronavirus che risulti più probabile, anche in presenza di tampone negativo. Per altro verso dovendosi richiamare le note evidenze scientifiche circa le variabili relative ad epoca, a modalità, a sede di effettuazione del prelievo e alla possibilità che, nei quadri di malattia polmonare, il virus possa non essere più rilevabile nelle prime vie aeree».
Questi interventi risultano votati all’appropriatezza della prestazione, con particolare riguardo alle dimensioni di equità e omogeneità valutativa medico-legale, su tutto il territorio nazionale.
Il ruolo di garanzia di equidistanza e di terzietà dell’Inail rispetto a tutti i portatori di interessi ben si coglie nel combinato delle due circolari Inail n. 13 del 3.04.2020 e n. 22 del 20.05.2020, in cui, appunto sono state fornite tutele sia per i lavoratori, sia per i datori di lavoro.
È stato ribadito che l’infezione da Sars-Cov-2 è un evento dovuto a causa violenta ed esterna all’organismo del lavoratore per cui deve essere a fortiori qualificato come INFORTUNIO. L’accertamento medico legale, pur condividendo gli orientamenti in tema di elevata esposizione professionale per alcune categorie di lavoro ha sistematicamente e approfonditamente valutato tutti gli elementi a conferma o a confutazione del rapporto tra infezione e lavoro.
Peraltro, i dati casistici relativi alle denunce pervenute all’Istituto hanno confermato l’intuizione di attribuzione della presunzione di esposizione a determinate categorie professionali (operatori sanitari) derivata dalla qualificazione del livello di rischio codificati dal Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione di aprile 2020 (Inail – DiMeila).
Vale la pena ribadire ancora che la presunzione semplice non equivale ad automaticità della prestazione, ma ugualmente richiama la necessità di rigore medico-legale nell’accertamento alla ricerca comunque di elementi alla tesi professionale e volti ad escludere altre cause.
Andranno valutati, in particolare, per l’ammissione a tutela, diversi fattori:
- qualificazione del livello di rischio dell’attività lavorativa svolta (evidenze tecnico-scientifiche, casistica)
- verifica della corrispondenza tra lo svolgimento in concreto dell’attività e la categoria generale richiamata (dettaglio di luogo e tempi di lavoro, analisi dei compiti e delle mansioni in concreto prestati: rilievo anamnestico, dati forniti dal datore di lavoro, eventuali indagini ispettive)
- dato epidemiologico territoriale e valutazione picco epidemico/pandemico in coincidenza con il contagio (tempi di latenza sintomatologica/incubazione)
Allo stesso modo, la prova contraria richiederà la puntuale verifica di altri aspetti:
- Lavoro non in presenza
- Ricorrenza di contagi familiari con contestuale asseverazione in base anche al criterio cronologico e al periodo di latenza della malattia
- Assenza di altri contagi sul luogo di lavoro (criterio cronologico e ancora periodo di latenza)
- Tempi di comparsa dei segni di infezione e di diagnosi
- Andamento del dato epidemiologico loco-regionale
- Modalità di raggiungimento del luogo di lavoro
(Datori di lavoro) Per quanto attiene la parte datoriale, già nella Circolare Inail n. 13/2020 era stato precisato che gli eventi infortunistici derivanti da infezione da Nuovo Coronavirus sono esclusi dalla determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico, per cui gli effetti degli eventi in esame non entrano a far parte del bilancio infortunistico dell’azienda in termini di oscillazione in malus del tasso applicato, ma sono attribuiti secondo principi di mutualità, mediante forme di “caricamento” indiretto in sede di determinazione dei tassi medi di lavorazione.
Con la successiva circolare n. 22/2020 è stato ribadito tali eventi sono stati a priori ritenuti frutto di fattori di rischio non direttamente e pienamente controllabili dal datore di lavoro al pari degli infortuni in itinere.
Su tali basi, si è evidenziato che il riconoscimento del diritto alle prestazioni da parte dell’Istituto non può assumere rilievo per sostenere l’accusa in sede penale. Così come neanche in sede civile l’ammissione a tutela assicurativa di un evento di contagio potrebbe rilevare ai fini del riconoscimento della responsabilità civile del datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario l’accertamento della colpa di quest’ultimo nella determinazione dell’evento.
Quale impatto ha avuto la pandemia sull’andamento delle denunce pervenute all’INAIL sino a maggio (sia Infortuni sia Covid 19)?
Tra la fine di febbraio e il 15 maggio 2020, i contagi da nuovo Coronavirus di origine professionale denunciati all’Inail sono stati 43.399 (23% delle denunce di Infortunio pervenute da inizio anno). Circa seimila (6.047) in più rispetto ai 37.352 della rilevazione del 4 maggio u.s. I casi di infezione da COVID-19 con esito mortale, registrati nello stesso periodo, sono stati 171 (42 in più rispetto al monitoraggio precedente) (Terzo report della Consulenza statistico attuariale dell’Inail).
Circa la metà ha riguardato il personale sanitario e socio-assistenziale, con i tecnici della salute e i medici al primo posto tra le categorie più colpite.
Le denunce presentate all’Inail hanno riguardato per il 71,7% le donne, il 28,3% gli uomini.
L’età media dei lavoratori che hanno contratto l’infezione da COVID-19 è di 47 anni per entrambi i sessi.
Ma sale a 59 anni (58 per le donne e 59 per gli uomini) per i casi mortali.
L’analisi territoriale conferma il primato negativo del Nord-Ovest, con oltre la metà dei casi delle denunce complessive (55,2%) e il 57, 9% dei casi mortali.
Tra le regioni italiane più colpite vi è la Lombardia, con più di un’infezione di origine professionale su tre infezioni (34,9%) e il 43,9% dei decessi.