Le conseguenze economiche della pandemia da Covid-19 sono di un’ampiezza senza
precedenti in Europa. Il duplice shock di offerta e domanda ha portato all’interruzione –
almeno parziale – della produzione di numerose imprese dovuta all’impossibilità per una
parte di dipendenti di recarsi sul posto di lavoro e a causa di un crollo dei consumi a seguito del confinamento. Il calo dei fatturati ha colpito la liquidità delle imprese e favorito l’aumento dei ritardi di pagamento e delle insolvenze.
In questo contesto, il numero di insolvenze d’impresa in Francia durante il confinamento
sembra essere precipitato: ad aprile è crollato del 72% su base. Secondo Coface, il crollo del numero di insolvenze, imputabile ai cambiamenti regolamentari, è temporaneo e dovrebbe essere seguito da una forte ripresa a più fasi.
Numerosi Paesi europei hanno temporaneamente modificato il quadro giuridico delle
procedure di insolvenza per far fronte alla crisi Nella maggior parte dei Paesi europei, il titolare d’impresa è tenuto a dichiarare un mancato pagamento entro i termini stabiliti, evitando di essere ritenuto responsabile; in seguito l’autorità competente avvia una procedura di insolvenza. Al fine di preservare il tessuto economico, e, allo stesso tempo, la capacità di ripresa delle economie una volta che la pandemia sarà sotto controllo,
la maggior parte dei governi europei ha condotto due azioni importanti: l’implementazione delle misure a sostegno della liquidità delle imprese – come le proroghe (o cancellazioni) dei contributi previdenziali e fiscali, o garanzie statali su prestiti concessi da banche – e la modifica temporanea del quadro giuridico che regola le procedure di insolvenza.
Il governo tedesco ha proposto la sospensione fino al 30 settembre dell’obbligo per i titolari d’impresa di aprire una procedura di fallimento nelle tre settimane successive alla scoperta dell’insolvenza o sovra-indebitamento. Tale misura potrà essere estesa fino al 31 marzo 2021 con un decreto del Ministero della Giustizia. La Spagna ha sospeso questo obbligo fino al 31 dicembre (inizialmente posticipato di due mesi dopo la cessazione dei pagamenti). In Italia, solo la Procura è autorizzata ad aprire una procedura di insolvenza, fino al 30 giugno.
In Francia, fino al 24 agosto, il titolare d’impresa non è più tenuto ad avviare una procedura di insolvenza nei 45 giorni seguenti il verificarsi del mancato pagamento, in caso contrario sarà ritenuto responsabile per dichiarazione tardiva del fallimento. Fino a questa data, l’esistenza o l’assenza della sospensione dei pagamenti sarà valutata sulla base della situazione dell’impresa al 12 marzo.
Nel Regno Unito, in occasione dell’entrata in vigore del progetto di legge sulle insolvenze, presentato il 20 maggio scorso, nessuna procedura di fallimento potrà essere avviata dai creditori. Se le misure di questo disegno di legge entrassero in vigore a giugno, scadrebbero a luglio.
In Europa, i Paesi Bassi, fanno eccezione: il governo non ha messo in atto nessuna misura di urgenza per le insolvenze dall’inizio della pandemia.
Data l’ampiezza dello shock economico e della natura temporanea di queste misure, queste non impediranno un forte aumento delle insolvenze una volta arrivate a scadenza.
Verso un aumento differenziato e ritardato delle insolvenze in Europa malgrado questi
cambiamenti normativi
Secondo il modello di previsione Coface, il numero di insolvenze dovrebbe subire un forte
incremento ovunque in Europa nel secondo semestre 2020 e nel 2021. Il Paese meno penalizzato è la Germania, che registra comunque un aumento dei fallimenti del 12% tra fine 2019 e fine 2021.
Francia (+21%) e Spagna (+22%) saranno i più colpiti dalla crisi. Tuttavia, l’aumento più forte del numero di insolvenze dovrebbe avere luogo nei Paesi Bassi (+36%), nel Regno Unito (+37%) e in Italia (+37%).
Sebbene l’aumento delle insolvenze sia globalmente in linea con le previsioni di crescita dell’attività, si evidenziano alcune divergenze. I Paesi Bassi e la Germania dovrebbero essere i Paesi meno colpiti, con un PIL nel 2021 inferiore al 2% in meno rispetto al 2019. Francia e Spagna registreranno PIL inferiori al 3% e al 4%. Mentre i PIL del Regno Unito e dell’Italia saranno probabilmente inferiori rispettivamente del 5% e del 6% rispetto allo scorso anno.
In alcuni casi, queste discrepanze si spiegano con la mancanza di ricorso a modifiche temporanee delle procedure di insolvenza (come nei Paesi Bassi). Il livello delle insolvenze in periodi di contrazione dell’attività è legata anche al costo della procedura (più basso nel Regno Unito e nei Paesi Bassi).
“Le prospettive di aumento delle insolvenze di impresa in Europa nei prossimi mesi sono solo le ultime evidenze, in ordine cronologico, del generale dissesto macro-economico che stiamo vivendo
in questo 2020”, sottolinea Ernesto De Martinis, CEO di Coface in Italia e Head of Strategy
Regione Mediterraneo & Africa. “In questo quadro – dove i cambiamenti legislativi apportati dai vari Stati europei alle procedure di insolvenza non sembrano aver prodotto un impatto significativo – sarà interessante notare anche il comportamento delle economie nazionali nel fronteggiare la ripresa, e le diverse reazioni che si scateneranno per recuperare terreno, nonostante le previsioni di inevitabile flessione diffusa”, aggiunge De Martinis.