di Anna Messia
Il consiglio di amministrazione di Cattolica, riunito il 31 maggio, ha provato a rispondere con i fatti alla richiesta arrivata dall’Ivass di aumentare il capitale di 500 milioni entro l’inizio dell’autunno. Per ora nel mercato domina l’incertezza: ieri il titolo dell’assicurazione di Verona è crollato del 16,99% dopo aver faticato a fare prezzo in avvio di seduta. La prima scadenza imminente sarà quella di metà luglio, quando il management della compagnia presieduta da Paolo Bedoni dovrà indicare all’autorità presieduta da Daniele Franco le azioni intraprese, anche sulle controllate, per aumentare la solvibilità delle società. A causa del Covid che ha provocato il crollo dei mercati e l’aumento dello spread sui titoli di Stato italiani il Solvency II del gruppo Cattolica nell’ultimo monitoraggio del 22 maggio era sceso al 122%, contro il 147% del 31 marzo, mentre quello della capogruppo era al 130%. Troppo a ridosso del 100% che rappresenta il minimo regolamentare secondo l’autorità di controllo che tra l’altro (insieme a Consob) ha aperto da mesi un’ispezione sulla compagnia (anche questa congelata per l’emergenza sanitaria). Anche perché nel gruppo ci sono società, Bcc Vita e Vera Vita, che hanno una situazione patrimoniale ancora più debole. Per questo l’Ivass ha chiesto alla compagnia di utilizzare integralmente la delega già proposta dal consiglio alla prossima all’assemblea straordinaria dei soci del 27 giugno, che prevede un aumento di capitale di 500 milioni da effettuarsi entro l’inizio dell’autunno. Una maxi manovra considerando che ieri la capitalizzazione di Borsa dell’intera compagnia era pari a poco più di 598 milioni e resa complicata dalla natura cooperativa della società, che prevede il voto capitario, nonostante recenti modifiche alla governance abbiano dato più spazio ai soci di capitale.
Quando al timone c’era Alberto Minali (defenestrato a fine ottobre e che nei giorni scorsi ha chiesto a Verona 9,6 milioni di danni) nel capitale è entrato Warren Buffett, primo azionista con il 9,07% seguito dalla Fondazione Banca del Monte di Lombardia (3,162%) e dalla stessa Cattolica che detiene azioni proprie (3%) ma ci sono anche Palladio (circa il 2%) e la Fondazione Cariverona (scesa negli ultime mesi dal 3,4 all’1,4%). Di certo l’appeal lieviterebbe nel caso in cui si ipotizzasse una trasformazione in spa della compagnia, ma difficilmente i tempi sarebbero compatibili con il pressing dell’Ivass. Intanto ieri da Verona hanno fatto sapere che già il 22 maggio, il cda aveva affrontato la questione capitale, valutando la possibilità di effettuare un aumento di 200 milioni abbinato all’emissione di un analogo ammontare di strumento subordinato Tier1. E in ballo, come anticipato da MF-Milano Finanza nei giorni scorsi c’è anche la vendita di Berica Vita, che potrebbe far saliere il Solvency di qualche punto. Mentre per Bcc Vita (partnership con Iccrea in cui Cattolica detiene il 70%), è già stato deciso un aumento di capitale da 50 milioni che potrebbe essere seguito da un prestito subordinato di altri 50 milioni. (riproduzione riservata)
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