di Gianpaolo Sbaraglia* e Mariasole Iorio*
Dopo i decreti «Cura Italia» e «Liquidità», il legislatore ha introdotto il dl n. 34/2020, anche denominato decreto «Rilancio», con il quale sono stati previsti diversi interventi volti a contrastare il periodo emergenziale da Covid-19. Si tratta di un pacchetto articolato di misure anche fiscali, aventi ad oggetto ulteriori benefici in favore di imprese, lavoratori, e contribuenti in generale. In materia di lavoro, è da segnalare (art. 24) l’esonero del versamento Irap in favore di imprese e lavoratori autonomi, rispettivamente con ricavi o compensi non superiori a 250 milioni di euro nel 2019. Più in particolare, si prevede che gli stessi non siano tenuti a corrispondere il versamento del saldo Irap relativo al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, fermo restando il versamento del relativo acconto; in aggiunta, non è dovuto il versamento della prima rata dell’acconto relativo al periodo di imposta 2020, che sarà comunque esclusa dal calcolo dell’imposta da versare a saldo. La disposizione, tuttavia, esclude dall’ambito soggettivo le imprese di assicurazione, le p.a., gli intermediari finanziari e le società partecipate. A beneficio dei lavoratori dipendenti, è previsto, all’art. 128, che comunque trovino applicazione il c.d. «bonus Renzi» e il relativo trattamento integrativo previsto in sua sostituzione, a partire dal 1° luglio 2020. In particolare, tali bonus sono riconosciuti anche qualora i lavoratori stessi dovessero risultare «incapienti» per effetto del minor reddito prodotto, nell’anno in corso, a causa dell’emergenza epidemiologica. Il datore di lavoro dovrà, dunque, riconoscerli anche in relazione al periodo nel quale il lavoratore abbia già usufruito delle misure di sostegno previste dal decreto Cura Italia, quali i trattamenti di integrazione salariale in deroga, la Cassa integrazione in deroga e i congedi parentali, assumendo in sostituzione degli stessi, come base di calcolo del reddito, la retribuzione contrattuale che sarebbe spettata in assenza dell’emergenza da Covid-19. A decorrere dalla prima retribuzione utile, il sostituto di imposta provvederà a riconoscere al lavoratore il «bonus Renzi» e il relativo trattamento integrativo non fruiti durante il periodo di corresponsione delle misure previste dal Cura Italia. In materia di crediti di imposta e relative cessioni, si segnala quanto previsto dagli artt. 120 e 125. Il primo riconosce ai soggetti esercenti attività di impresa, arte o professione in luoghi aperti al pubblico e ad associazioni, fondazioni ed enti privati, compresi gli enti del Terzo settore, un credito di imposta pari al 60% delle spese sostenute nel 2020 e aventi la finalità di adeguare gli ambienti di lavoro alle misure di contenimento alla diffusione del Covid-19. La seconda disposizione riconosce in favore dei medesimi soggetti e nella stessa misura del 60%, un credito di imposta per le spese sostenute di sanificazione degli ambienti di lavoro e degli strumenti utilizzati nonché di acquisto di dpi e dispositivi volti a garantire la distanza di sicurezza interpersonale; in entrambi i casi, il tetto massimo di spesa ammissibile per ciascun beneficiario è pari a 60 mila euro. Fino al 31 dicembre 2021, per i beneficiari è, inoltre, prevista, all’art. 122, in luogo dell’utilizzo diretto, la possibilità di optare per la cessione dei crediti a soggetti terzi, compresi istituti di credito e intermediari finanziari. Il credito potrà essere utilizzato dai cessionari anche in compensazione, fermo restando che la quota eventualmente non utilizzata nell’anno non può né essere fruita negli anni successivi, né essere chiesta a rimborso; si attende sul punto un provvedimento delle entrate che chiarirà le modalità attuative. Specifiche disposizioni sono previste anche in favore del settore turismo, duramente colpito dalle limitazioni agli spostamenti nazionali e internazionali conseguenti all’emergenza sanitaria. È innanzitutto riconosciuto, all’art. 176, un credito utilizzabile, per il pagamento dei servizi turistici nazionali, dai nuclei familiari con Isee non superiore a 40.000 euro. L’80% del credito, la cui misura varia a seconda dei componenti del nucleo familiare, è fruibile sotto forma di sconto sul corrispettivo, d’intesa con il fornitore del servizio, e il 20% sotto forma di detrazione d’imposta. Il beneficio è escluso se il pagamento del servizio avviene per il tramite di piattaforme digitali. Ulteriormente, all’art. 177, si prevede l’esenzione dall’acconto Imu (la cui scadenza sarebbe fissata entro il 16 giugno 2020) nel settore turistico (es. per gli immobili adibiti a stabilimenti balneari marittimi, ovvero per gli immobili degli agriturismi, dei villaggi turistici ecc.), a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività. Sul punto, sarebbe auspicabile un intervento analogo a quello per l’esonero Irap, volto a precisare se, al momento del versamento del saldo dell’Imu, bisognerà procedere soltanto al versamento relativo al secondo semestre.
PROCEDURE COMPLICATE E TROPPA BUROCRAZIA PER RICHIEDERE LA CASSA INTEGRAZIONE
Ammortizzatori sociali, manca ancora la semplificazione
Giovanni Di Corrado, avvocato
Il dl n. 34/2020, c.d. «decreto Rilancio» interviene in materia di ammortizzatori sociali a carattere emergenziale previsti dal dl n. 18/2020 ridefinendone la durata e il periodo di intervento, nonché la platea dei beneficiari e la procedura per il ricorso ad essi. In primis amplia i lavoratori beneficiari estendendo la platea a tutti i lavoratori in forza alla data del 25 marzo 2020. In secundis ne è stata estesa la durata massima: infatti, in aggiunta alle 9 settimane, ma solo nel caso di integrale fruizione di queste, ha previsto ulteriori 5 settimane nel periodo intercorrente tra il 23 febbraio 2020 ed il 31 agosto 2020 ed ulteriori eventuali 4 settimane (in caso di ulteriore finanziamento da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) utilizzabili però soltanto nel periodo intercorrente tra il primo settembre 2020 e il 31 ottobre 2020. Fanno eccezione i settori turismo, fiere e congressi, parchi divertimento, spettacolo dal vivo e sale cinematografiche, per cui è possibile utilizzare la proroga prevista per il bimestre settembre-ottobre 2020 anche per periodi decorrenti antecedentemente al primo settembre 2020 sempre a condizione che siano stati fruiti interamente i periodi precedentemente concessi. Quest’ultima costituisce dunque una condizione di procedibilità che comporta la presentazione di una preliminare domanda per la richiesta di eventuali residui; infatti, prima di procedere a una ulteriore richiesta, occorrerà accertare i giorni di integrazione salariale fruiti per poi conoscere le settimane residue per le quali si potrà richiedere un nuovo intervento. È evidente come manchi ancora una semplificazione delle procedure, cosa espressamente richiesta più volte dagli operatori del settore, se si pensa che saranno necessarie queste altre ulteriori domande. Come se non bastasse, è stato poi reintrodotto l’obbligo di procedere, anche in via telematica, all’informazione, consultazione ed esame congiunto con le oo.ss. inizialmente soppresso. Idea condivisibile da parte del governo è stata invece quella di trasmettere, con riferimento alla cig in deroga, la richiesta del nuovo periodo di sospensione, non più alle regioni, ma alla sede Inps competente, ferma restando la competenza ministeriale nel caso di aziende plurilocalizzate. Dunque – anche se tardivamente | – si è voluta evitare un’ulteriore lungaggine dei tempi sino ad ora riscontrata per la approvazione delle istanze presentate, seppure vi è da dire, un po’ tardivamente! Il governo ha poi previsto che, solo con riferimento alle nuove domande che saranno inviate, per i pagamenti diretti di tutti gli strumenti di cassa integrazione scatta una sorta di procedura accelerata lì dove l’Inps può disporre l’anticipazione pari al 40% delle ore autorizzate nell’intero periodo entro 15 giorni dal ricevimento delle domande da parte del datore di lavoro. Dunque un «mea culpa» da parte del governo per tutelare i lavoratori vittime di macchinosi ingorghi procedurali? Probabilmente si, ma sta di fatto che ciò creerà un doppio binario per la cig in deroga per cui si seguirà il vecchio iter per le prime 9 settimane previste dal Cura Italia ed un nuovo iter con il pagamento diretto dell’Inps per le nuove settimane.
Dulcis in fundo, va fatta una considerazione lì dove le imprese che ad oggi hanno fruito delle 9 settimane e che dunque possono richiederne altre 5, non possono fruire delle altre 4 settimane previste se non prima del primo settembre 2020. E’ chiaro che alle aziende che ne avessero necessità, nel periodo intercorrente dal termine della quinta settimana fino al primo settembre 2020, non rimarrebbe che la sola possibilità di attivare la Cig ordinaria decisamente più onerosa. Si pensi poi, che sino alla data del 17 agosto 2020 vi è il blocco dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo! Allora ci si chiede come le aziende che abbiano esaurito le 9 settimane più le altre 5, e che versino in difficoltà, possano garantire la retribuzione ai dipendenti, essendo bloccate su più fronti. D’ora in poi la parola d’ordine deve essere semplificare per rimuovere gli ostacoli della burocrazia e, perseguendo tale obiettivo, spetta al governo adottare immediati provvedimenti per evitare che per le altre 4 settimane non si debba attendere il primo settembre per tutti i settori, poiché altrimenti le imprese potrebbero veramente essere messe in grandissime difficoltà
© Riproduzione riservata