I dipendenti italiani preferiscono spendere subito il budget a loro disposizione nel piano di welfare aziendale piuttosto che investire nei fondi di previdenza complementare.
Lo rivela un’analisi relativa al welfare aziendale realizzata da Willis Towers Watson su un campione di circa 78.000 dipendenti di 261 aziende multinazionali e italiane, di medie e grandi dimensioni, appartenenti a differenti settori.
Su un budget totale a disposizione di circa 30 milioni di euro, il 45% è stato destinato all’acquisto di prodotti a catalogo come buoni spesa (56%) e attività ricreative come viaggi e palestra (44%), il 30% per servizi a rimborso e il 13% per prestazioni sanitarie.
Solo il 12% è stato investito nei fondi di previdenza complementare cui il dipendente è iscritto, a dimostrazione che è necessaria una maggiore sensibilizzazione su questo tema. Tuttavia, chi ha scelto la previdenza, lo ha fatto in modo consapevole, versando mediamente il 63% del budget a sua disposizione.
Andando più nel dettaglio, la somma allocata nei servizi a rimborso è stata utilizzata per la quasi totalità, 86%, per l’educazione dei figli, un 9% per il rimborso delle spese sostenute per il trasporto pubblico e delle quantità irrilevanti, rispettivamente il 3 e il 2%, per l’assistenza ai familiari anziani e non autosufficienti e il rimborso degli interessi passivi sui mutui.
Secondo l’indagine Willis Towers Watson, il budget annuale individuale a disposizione di ogni dipendente, costituito da erogazione da CCNL, conversione del premio di risultato e stanziamento ex novo da parte dell’azienda (on top), non ha superato nel 2018 i 250 euro per il 64% dei dipendenti, è arrivato fino a 1.000 per il 26%, a 3.500 per il 9% e solo per l’1% è andato anche oltre. Da sottolineare che ben il 52% delle aziende campione ha scelto di implementare un piano welfare tramite stanziamento aggiuntivo (on top), considerando il welfare aziendale uno strumento efficace di ritenzione e attrazione dei talenti.
Se si osserva il comportamento di scelta dei dipendenti destinatari di un budget on top, escludendo la popolazione dirigenziale, emergono alcuni trend che potrebbero essere utili per una maggiore personalizzazione dei benefit aziendali: L’interesse per le attività ricreative diminuisce con l’avanzare dell’età, quello per la previdenza complementare aumenta invece con l’avvicinarsi della pensione. Si portano a rimborso le spese di educazione soprattutto a partire dai 36 anni, mentre l’area salute è apprezzata a prescindere dall’età del dipendente.
“Il mondo del lavoro è in continua trasformazione, non solo per i frequenti aggiornamenti a livello normativo, ma anche per un sostanziale cambiamento nelle aspettative delle persone” commenta Cesare Lai, Head of Health & Benefits, Willis Towers Watson. “Per soddisfare veramente le esigenze dei lavoratori – aggiunge Lai – il welfare aziendale dovrà trasformarsi da semplice erogazione a riconoscimento personale. Ciò è strettamente correlato con la sempre più chiara esigenza delle aziende di approcciare i benefit in modalità strategica, innovativa, integrandoli pienamente nelle politiche di remunerazione per i dipendenti contando sul supporto di adeguati benchmark e solidi modelli di governance”.