La tutela della privacy sullo stato di salute del cittadino mette fuori causa la fattura elettronica: anche per le prestazioni non sanitarie vale il divieto di e-fattura qualora possano rivelare informazioni sulle condizioni di salute, come nel caso della degenza in una struttura sanitaria. Questa una delle nuove precisazioni che la circolare n. 14/2019 dell’Agenzia delle entrate ha fornito, in aggiunta a quelle diffuse nei mesi scorsi, riguardo alle regole transitorie che limitano la fatturazione elettronica in campo sanitario, rappresentate dalle disposizioni dell’articolo 10-bis del dl n. 119/2018 e dell’articolo 9-bis del dl n. 135/2018.
Le app e le piattaforme digitali semplificano la vita anche nell’ambito della salute, andando incontro alle abitudini delle persone che sono sempre più connesse e inclini a usare lo smartphone quando si tratta di curarsi. Sono diverse le proposte che stanno nascendo su questo fronte, sia da parte delle strutture sanitarie, sia da parte di startup hi-tech, sia nel mondo delle assicurazioni, con soluzioni che danno la possibilità di monitorare le proprie condizioni fisiche, avere consulti e prenotare visite ed esami velocemente, tra le altre cose.
Gli ospedali diventano più digitali. Alcune strutture sanitarie stanno sviluppando app e piattaforme digitali per semplificare la vita ai pazienti. Anche le assicurazioni sembrano molto interessate al trend
La rapida diffusione dei veicoli autonomi (AV) e della “mobility as a service” (Maas), cioè la mobilità intesa come servizio, costituisce una grande sfida per il mercato assicurativo. Se da un lato il numero di polizze individuali diminuirà, con conseguente calo dei ricavi, dall’altro il passaggio ai veicoli autonomi e al Maas genererà opportunità a breve e medio termine. Per coglierle, il mondo assicurativo però si dovrà dotare di nuovi modelli di business. A confermarlo è uno studio di Kpmg, “Mobility 2030: a shake up for insurance”, tarato sul mercato inglese, dal quale si evince che l’assicurazione del futuro sarà integrata in altri servizi come ad esempio il noleggio AV su base pay-per-use: il guidatore paga solo per i chilometri percorsi.
- Focus Welfare. Non solo sgravi ma premi e aiuti
Premiate alla triennale di Milano con i “Welfare Awards 2019” le aziende che si sono distinte nel 2018. La svolta tre anni fa con la riforma fiscale. Ma oggi gli strumenti sono molteplici e il comparto è in rapida evoluzione
Tecnologia, demografia e globalizzazione da decenni stanno cambiando la nostra società e incidono profondamente sulla sostenibilità del welfare state al quale eravamo abituati. I sistemi tradizionali già oggi in molti paesi registrano gap miliardari tra la domanda di servizi pubblici e la capacità di far fronte a tale domanda.
In Italia entro il 2025 questo gap è stimato in 70 miliardi. Affrontiamo sfide inedite. La scarsa crescita demografica, il progressivo invecchiamento della popolazione, l’emergere di nuovi rischi e bisogni sociali causati dagli effetti della crisi economico-finanziaria da un lato determinano un aumento della domanda di servizi di welfare sempre più complessi, dall’altro hanno alterato il rapporto tra la popolazione attiva e chi percepisce un reddito da pensione, rendendo difficile mantenere il sistema di welfare così come era stato inizialmente pensato. Il paradigma pubblico del welfare si sta rovesciando a favore di un emergente sistema privato realizzato perlopiù dalle imprese attraverso le varie forme di sostegno aziendale, territoriale e di comunità. Il welfare aziendale può rappresentare la pietra angolare di un nuovo contesto, che superi le logiche del sistema pubblico, ma anche della filantropia del Novecento industriale e della imprenditoria illuminata dell’Ottocento, cercando di dare risposta a queste nuove sfide. Si tratta di uno strumento di accompagnamento dell’impresa che cambia ed una leva di sviluppo: con il welfare aziendale cresce il benessere di lavoratori e territori e si salda sempre di più il legame tra l’impresa e la sua comunità.
Italia, tra qualche anno. In una qualsiasi delle nostre città, anche nella Capitale oggi assediata dai rifiuti, non servirà più fare la raccolta differenziata. Ci penseranno gli smart bin, i cestini intelligenti, che analizzano in tempo reale che cosa viene gettato mediante analisi video e intelligenza artificiale, e lo smistano nel corretto comparto, per poi poterlo smaltire o riciclare correttamente.
E’ un esempio di città smart o «intelligente», dove grazie al 5G, la rete che trasmette in tempo reale grandissime quantità di dati, tutto — dal trasporto pubblico alla sicurezza agli ospedali — sarà connesso ed efficiente. E dove nasceranno, inevitabilmente, dibattiti legati alla privacy e alla sicurezza: che cosa accade ai nostri dati in caso di accesso fraudolento? Quanto è facile arrivare ai megaserver e alle «banche», quelle della pubblica amministrazione, tra le altre, che li custodiscono? E chi ci deve proteggere?
Per provare a rispondere è importante prima fare un’analisi dello stato dell’arte. In Italia, per le soluzioni relative alle smart city, nel 2018 sono stati spesi 395 milioni di euro, ci dice l’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano.
Se i costi dei fondi hanno iniziato a scendere, Mifid2 c’entra poco. È accaduto per ragioni di mercato: tassi ancora bassi, rendimenti magri in molte classi di attivo, specialmente nell’obbligazionario. E per dinamiche relative all’industria: maggiore competizione tra operatori, investitori più sensibili al tema spese, aumento dei flussi a favore degli strumenti a replica passiva, come gli etf. Le commissioni caleranno ancora, per effetto dell’aumento di trasparenza?
Il welfare aziendale cambia passo e si caratterizza per una maggiore attenzione da parte delle piccole e medie imprese che, arrivate seconde rispetto alle grandi aziende, sembrano aver messo a frutto la loro esperienza. Oggi il welfare si fa meglio e lo si comunica meglio ai collaboratori, anche grazie al contributo dei fornitori dei servizi e allo sviluppo di accordi fra reti di aziende. Ciò non riguarda solo le imprese più grandi, che restano avvantaggiate, ma anche quelle di piccola e media dimensione. In questi tre anni infatti la quota delle «molto attive» (che investono cioè su 8-12 aree di servizi, dalla previdenza e sanità integrativa alle assicurazioni, dai servizi di assistenza alla formazione, dalla cultura al tempo libero e alle iniziative per la comunità) è più che raddoppiata.
Il welfare aziendale cambia passo e si caratterizza per una maggiore attenzione da parte delle piccole e medie imprese che, arrivate seconde rispetto alle grandi aziende, sembrano aver messo a frutto la loro esperienza. Oggi il welfare si fa meglio e lo si comunica meglio ai collaboratori, anche grazie al contributo dei fornitori dei servizi e allo sviluppo di accordi fra reti di aziende. Ciò non riguarda solo le imprese più grandi, che restano avvantaggiate, ma anche quelle di piccola e media dimensione. In questi tre anni infatti la quota delle «molto attive» (che investono cioè su 8-12 aree di servizi, dalla previdenza e sanità integrativa alle assicurazioni, dai servizi di assistenza alla formazione, dalla cultura al tempo libero e alle iniziative per la comunità) è più che raddoppiata
- Portafogli, fate il check up dei costi
Entro la fine di luglio, banche e intermediari finanziari manderanno il primo prospetto redatto secondo le nuove regole che chiedono la massima trasparenza su tutte le spese in capo ai vostri investimenti. Ecco i cinque controlli da fare e i sette numeri chiave che non devono mancare nel documento
- Sanità, meglio farsi un paracadute
La spesa di chi paga di tasca propria salirà a 155 mld nel 2019. Il rapporto Rbm: è necessario raddoppiare il diritto alla salute degli italiani e per farlo occorre pianificare una rapida transazione da una sanità integrativa di pochi a una sanità integrativa di tutti, serve una “previdenza di cittadinanza”.
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