La Corte costituzionale ha bocciato le norme che aumentavano gli assegni ai dirigenti
Regioni senza poteri sulla previdenza dei dipendenti
di Luigi Oliveri

Illegittima la trasformazione delle indennità dei dirigenti in assegni personali pensionabili dopo la cessazione dell’incarico, prevista da una serie di leggi della provincia autonoma di Bolzano. La Corte costituzionale, con la sentenza 6 giugno 2019, n. 138 conferma per l’ennesima volta la non conformità a Costituzione di norme regionali, anche di regioni autonome, volte a regolare le pensioni e il trattamento economico al di fuori dei vincoli posti dalla Costituzione e dalle restanti regole ordinamentali. È stata la Corte dei conti, sezioni riunite per la regione autonoma Trentino-Alto Adige, a sollevare in via incidentale, in sede di parificazione dei conti della regione, la questione di legittimità costituzionale. Tale attività di parificazione, sottolinea la Consulta, ha lo scopo di perseguire violazioni altrimenti confinate in zone d’ombra e per ciò stesso più insidiose per la sana gestione finanziaria della spesa pubblica. Il che consente di evidenziare la legittimazione della magistratura contabile a sollevare questioni di legittimità costituzionale che altrimenti sfuggirebbero per assenza di uno specifico portatore di interessi in grado di farli valere processualmente in modo diretto. Nel caso di specie, la normativa contestata, spiega la Consulta, ha leso direttamente i principi posti dalla Costituzione a tutela dell’equilibrio del bilancio e della copertura della spesa: infatti, la normativa regionale censurata ha influito negativamente sulla quantità della spesa, sulla determinazione del risultato di amministrazione e su profili retributivi, i quali peraltro sono espressamente esclusi dal legislatore nazionale, che dispone della competenza legislativa esclusiva in merito.
Infatti, il trattamento economico e pensionistico rientra nelle materie dell’ordinamento civile e previdenziale, che ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettere l) e o), sono riservate alla potestà legislativa dello Stato, senza alcuna possibilità di intromissione regionale.
Ovviamente, la spesa illegittima ha comportato anche la lesione dell’articolo 81 della Costituzione, per mancanza della copertura e dei necessari equilibri di bilancio. La Consulta ha respinto l’argomentazione difensiva svolta dalla Provincia autonoma di Bolzano, secondo cui la circostanza che il rendiconto regionale presenti un saldo positivo potrebbe sanare l’assenza di legittimazione alla regolazione con legge regionale delle spese inerenti all’assegno pensionabile e ai collegati oneri previdenziali. La sentenza spiega: «l’avanzo di amministrazione, infatti, non può essere inteso come una sorta di utile di esercizio, il cui impiego sarebbe nell’assoluta discrezionalità dell’amministrazione». Al contrario, «l’avanzo di amministrazione libero delle autonomie territoriali è soggetto a un impiego tipizzato, in cui non rientrano dazioni retributive e previdenziali non contemplate dalla legge». Respinte anche tutte le altre eccezioni delle difese regionali, finalizzate ad evidenziare una particolare autonomia, tale da ricondurre alla competenza statutaria regionale, che si occupa dell’ordinamento del personale dirigenziale, la regolazione del trattamento pensionabile.
Proprio l’assenza di impiego del personale beneficiario delle indennità considerate illegittime, spiega la Corte, «esclude che queste ultime possano ricondursi alla materia organizzativa»: infatti il personale in quiescenza non lavora più e quindi la regione non ha nulla da «organizzare».

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