Per la diffusione dell’I.A. su larga scala servono studi di etica, giurisprudenza e psicologia
Gestire le informazioni sui clienti è sempre più strategico
di Lorenzo Martini
Robotic Process Automation, Natural Language Processing, machine learning, sono termini ricorrenti ormai in ogni ambito nel quale si sia acceso l’interesse per le funzionalità dell’intelligenza artificiale. Il settore del private banking, wealth e investment management in questo senso non fa eccezione. La maggior parte delle società operanti in questo business pianifica investimenti su queste tecnologie, anche se, secondo i dati più recenti, ancora solo un’azienda su cinque ne ha già sperimentata qualche applicazione concreta. Il divario tra le potenzialità dell’intelligenza artificiale e la sua applicazione è rappresentato per esempio dalla gestione dei dati dei clienti, un’area critica per molte istituzioni finanziarie che di fatto non hanno ancora capito come sfruttare queste informazioni per offrire una migliore client experience e per ottimizzare i processi. «Tutte le aree che sfruttano le informazioni che sono, o possono essere, digitalizzate, sono potenzialmente interessate dall’impiego dell’intelligenza artificiale», commenta Georgios Lekkas, chief product officer di Objectway, gruppo leader nel settore del Digital Wealth, Investment & Asset Management e che con le sue piattaforme software serve oltre 150 clienti in 15 paesi. «In questo momento, l’impatto maggiore è nel middle e back office, dove l’automazione può velocizzare le operazioni e migliorare la qualità dell’analisi e dell’esecuzione degli investimenti. C’è una minore adozione nel front office, poiché la relazione con il cliente è troppo importante per essere delegata ad algoritmi che sono ancora in una fase iniziale». E su larga scala, invece, quali sono i maggiori ostacoli all’adozione dell’intelligenza artificiale? «La prima barriera è la disponibilità dei dati che devono essere raccolti e gestiti», riflette il manager. «L’entrata in vigore della Gdpr pone un’ulteriore difficoltà nella raccolta dei dati personali. Ad esempio, per completare i profili dei clienti aggiungendo i loro interessi e le preferenze raccolti attraverso i social media, dobbiamo informarli e ottenere l’approvazione di ciascuno. Un altro ostacolo all’implementazione è la disponibilità di conoscenze e competenze in materia di dati». Ogni istituto finanziario adotta infatti l’innovazione a un ritmo diverso: gli investimenti in tecnologia e formazione permetteranno agli early adopters di vedere i primi risultati e faciliteranno l’adozione da parte della maggioranza degli operatori del settore. Parte della forza lavoro si concentrerà sulla gestione e l’evoluzione dell’intelligenza artificiale attraverso percorsi di studio tecnici, mentre campi come etica, giurisprudenza e psicologia applicati all’A.I. si svilupperanno per supportare la sua diffusione su larga scala. Forse questi ultimi ambiti sono proprio quelli che spaventano di più quando si parla di robot e di intelligenza artificiale. «Non dovremmo avere paura dell’A.I. di per sé, ma del suo uso prematuro in ambienti in cui non è stata testata a fondo», conclude Lekkas. «Sarà essenziale lavorare sulla definizione di criteri che impediscano il verificarsi di danni e monitorare costantemente i sistemi di intelligenza artificiale, per decidere di bypassarli in caso di necessità. (riproduzione riservata)
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