Accesso, rettifica, oblio: le indicazioni e la modulistica del Garante per l’esercizio dei diritti
Pagine a cura di Antonio Ciccia Messina
Il reclamo privacy al Garante è gratis: per far valere i diritti previsti dal regolamento Ue 2016/679 sulla protezione dei dati non si pagano diritti di segreteria. Enti pubblici e imprese, poi, devono stare attente ai tanti trabocchetti e cavilli delle richieste di esercizio dei diritti di privacy: bisogna rispondere sempre, anche in caso non si ritenga di dover accogliere le istanze. Sono alcuni consigli pratici che si possono dedurre dalla disciplina regolamentare e dai modelli di reclamo e di esercizio dei diritti di privacy, predisposti dal Garante italiano per dare attuazione al citato Regolamento Ue 2016/679.
I modelli si trovano sul sito dell’autorità di controllo, presieduta da Antonello Soro, e sono a disposizione delle persone che ritengono di avere subito una violazione delle prerogative descritte agli articoli da 15 a 22 del regolamento europeo.
Il modello di istanza al titolare del trattamento modifica il precedente prestampato.
Il modello di reclamo è una novità. Sotto la vigenza del codice della privacy, infatti, si parlava di ricorso al Garante.
In entrambi i casi non si tratta di modelli obbligatori, potendo l’interessato anche inviare richieste in forma libera, purché completa dei requisiti di norma.
Istanza al titolare del trattamento. Per chiedere l’esercizio dei diritti al titolare del trattamento si può usare il modello predisposto dal Garante.
Il modulo va indirizzato al titolare del trattamento (ad esempio: banche, operatori telefonici, sistemi di informazioni creditizie, gestori di siti web, assicurazioni, strutture sanitarie, pubbliche amministrazioni), anche, eventualmente, per il tramite del Responsabile della protezione dei dati (Rpd), se designato dal titolare.
Vediamo che cosa si può chiedere all’azienda/ente pubblico.
Accesso. Il primo diritto è l’accesso (articolo 15).
Il modello, a proposito del diritto di accesso, specifica la possibilità di ottenere una copia dei dati. Il modello accorpa, però, la richiesta di copia dei dati e la richiesta di altre informazioni, come ad esempio l’esistenza di un processo decisionale automatizzato. Si ricordi, a tale proposito, che si tratta di due oggetti distinti e il titolare deve fornire sia i dati personali sia le notizie relative al trattamento automatizzato. Tanto per spiegarsi, in ipotesi di profilazione, l’interessato ha il diritto di avere sia copia del proprio profilo (risultato della profilazione) che delle informazioni generali sul procedimento astratto di profilazione.
Questo deriva dal fatto che l’articolo 15 ammette il diritto di ottenere copia dei dati e delle informazioni sulle modalità di trattamento (non solo queste ultime).
Rettifica, oblio e limitazione del trattamento. Il secondo blocco delle richieste possibili riguarda l’intervento sui dati e comprende i diritti di rettifica, di oblio e di limitazione del trattamento.
Testualmente il diritto di rettifica comprende sia il diritto di rettifica vero e proprio di dati inesatti sia il diritto di aggiornamento di dati risalenti nel tempo e non più validi. Non c’è indicazione espressa del diritto di integrazione di dati incompleti, ma deve ritenersi possibile e azionabile, se non altro come specificazione del diritto di aggiornamento.
Un’appendice non trascurabile del diritto di oblio (per il quale, comunque, bisogna indicare i motivi a base della richiesta di cancellazione), è la richiesta di attestazione che il titolare ha informato altri titolari di trattamento della richiesta dell’interessato di cancellare link, copie o riproduzioni dei suoi dati personali, al diritto di limitazione del trattamento: adempimento tutt’altro che semplice in caso di diffusione in rete.
Anche il diritto di limitazione è particolarmente insidioso per la natura cautelare dello stesso: basta contestare l’esattezza dei dati per ottenere uno stop (provvisorio) del trattamento.
Portabilità e opposizione. Del tutto nuova è la possibilità di chiedere la portabilità dei dati, nella forma di acquisizione dei dati forniti in un formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico; oppure nella alternativa forma di trasmissione diretta a un diverso titolare del trattamento. In quest’ultimo caso l’interessato deve indicare il destinatario dei dati.
A quest’ultimo proposito si sottolinea che la portabilità con trasmissione a diverso titolare del trattamento è subordinata alla fattibilità tecnica. In generale, poi, si rammenta che la portabilità non deve essere garantita in caso di trattamento relativo a interesse pubblico o esercizio di pubblici poteri.
Segue la voce relativa al diritto di opposizione al trattamento generica e quella specifica di opposizione al trattamento per fini di marketing diretto.
Tempistica. Quanto ai tempi, si ricordi che per fornire riscontro, a partire dal 25 maggio 2018, il titolare del trattamento deve farlo senza ingiustificato ritardo, al più tardi entro un mese dal suo ricevimento; il termine può essere prorogato di due mesi, se necessario tenuto conto della complessità e del numero di richieste. In tal caso, il titolare deve comunque darne comunicazione all’interessato entro un mese dal ricevimento della richiesta.
Il modello prevede anche la richiesta dell’interessato di essere informato al più tardi entro un mese dal ricevimento della presente richiesta, degli eventuali motivi che impediscono al titolare di fornire le informazioni o svolgere le operazioni richieste.
Peraltro si sottolinea che l’articolo 12, comma 4, non subordina tale informazione a una espressa richiesta dell’interessato, ragione questa per la quale si consiglia all’azienda/ente pubblico di rispondere in ogni caso entro un mese.
Anche per evitare che vengano contestate violazioni dell’articolo 12, le quali espongono addirittura a una sanzione pecuniaria amministrativa nel massimo a 20 milioni di euro.
Pertanto, se l’interessato usa il modello del garante e non barra la richiesta, almeno fino a quando non si formerà una giurisprudenza di diverso tenore, si consiglia un comportamento prudenziale.
Nella risposta negativa il titolare del trattamento deve ricordarsi di inserire l’avviso sulle modalità di proporre reclamo al Garante o ricorso al tribunale.
Azienda ed enti pubblici non potranno, poi, di regola addebitare nessun costo per l’evasione della domanda dell’interessato, a meno che quest’ultimo non ne approfitti, con richieste infondate, eccessive, e in particolare ripetitive.
Meglio, quindi, soprattutto per le pubbliche amministrazioni, approvare un tariffario dei costi da addebitare in caso di richieste emulative.
Peraltro è il titolare del trattamento che deve dimostrare che le richieste sono azioni di disturbo, ad esempio evidenziando che quell’interessato ha rivolto una pluralità di istanze in tempo ravvicinato, senza tenere conto delle risposte nel frattempo ricevute.
Attenzione a non prendere sotto gamba le richieste di esercizio dei diritti. Una qualunque violazione relativa ai diritti espone, infatti, alla sanzione prevista dall’articolo 83, paragrafo 5, e cioè fino a 20 milioni di euro o, per le imprese, se superiore, al 4% del fatturato totale mondiale annuo.
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