La liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante, patito dalla moglie e dal figlio di persona deceduta per colpa altrui, e consistente nella perdita delle elargizioni erogate loro dal defunto, se avviene in forma di capitale e non di rendita, va compiuta, per la moglie, moltiplicando il reddito perduto dalla vittima per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie, corrispondente all’età del più giovane tra i due; e per il figlio in base a un coefficiente di capitalizzazione di una rendita temporanea, corrispondente al numero presumibile di anni per i quali si sarebbe protratto il sussidio paterno; nell’uno, come nell’altro caso, il reddito da porre a base del calcolo dovrà comunque:
- essere equitativamente aumentato, per tenere conto dei presumibili incrementi che il lavoratore avrebbe ottenuto, se fosse rimasto in vita;
- essere ridotto della quota di reddito che la vittima avrebbe destinato a sé, del carico fiscale e delle spese per la produzione del reddito.
Cassazione civile sez. VI, 16/03/2018 n. 6619