La sottoassicurazione? Non è certo un’esclusiva del nostro Paese. Per rendersi conto delle dimensioni a livello globale, basta considerare solamente il fatto che circa il 90% delle perdite complessive legate ad attacchi cyber non sono coperti da una assicurazione. Una percentuale spaventosa che supera di molto il divario di protezione per i danni catastrofali.
A sostenerlo è un report della Geneva Association che evidenzia come nell’arco degli ultimi 30 anni il gap di tutela per gli eventi catastrofali si sia lievemente ridotto passando dal 78% al 70%. Non un gran risultato considerato il periodo temporale della rilevazione, ma di certo migliore rispetto al settore cyber, dove sostanzialmente le perdite globali continuano a non avere copertura assicurativa. E stiamo parlando di somme di una certa rilevanza, considerato che gli attacchi cyber costano all’economia mondiale circa 400 miliardi di dollari all’anno, quasi il doppio dei danni da catastrofi naturali.
Anna Maria D’Hulster, segretario generale della Geneve Association ha sottolineato come si continui a sottovalutare l’esposizione al cyber risk di individui, famiglie, imprese ed enti pubblici. “La trasformazione digitale delle economie moderne creano un crescente divario fra l’esposizione al rischio cyber, l’attività di risk management e le opzioni di trasferimento dei rischi”.
Il report spiega inoltre come alla radice di questo gap di protezione concorrano diversi fattori: dallo scarso appeal dei prodotti alla qualità dei servizi e alla scarsa fiducia negli assicuratori, oltre alle ristrettezze economiche che continuano a condizionare le famiglie e le imprese a oltre dieci anni dall’esplosione della crisi.
I premi annuali delle coperture assicurative cyber ammontano sono stimati intorno ai 3–3,5 miliardi di dollari a livello globale, ma si prevede una esplosione a 16,9 miliardi di dollari entro il 2023.
Per quanto riguarda la riduzione del deficit di protezione per gli eventi catastrofali, il report sottolinea come sia stato soprattutto merito dei Paesi a reddito medio-alto (sceso al 55%) e alto (86%), mentre nei paesi a basso reddito il divario rimane superiore al 95%.