di Roberto Ruozi
Le più importanti operazioni di factoring sono quelle domestiche e quelle internazionali. Entrambe sono in netto sviluppo e, a livello mondiale, sono passate da poco meno di 500 miliardi di euro nel 1997 a poco più di 2.500 miliardi nel 2017. Le domestiche sono ancora prevalenti, ma le internazionali rappresentano ormai circa 1/5 del totale annuo delle operazioni di factoring. Mentre un tempo il continente che ne realizzava di più era quello americano, cioè sostanzialmente gli Stati Uniti dove è nato il factoring moderno, ora il continente leader è l’Europa (con il 66% del mercato mondiale) seguito dall’Asia (con il 25%). Medio Oriente e Africa crescono, ma rimangono ancora marginali.
I motivi dello sviluppo del factoring e soprattutto di quello internazionale sono molti e abbastanza noti. I principi che stanno alla loro base sono del resto rimasti essenzialmente uguali a quelli caratteristici dell’epoca in cui ha cominciato a diffondersi anche nel nostro paese. Tali principi non si sono quindi modificati molto, mentre le modalità tecniche del factoring sono radicalmente cambiate negli anni e sembrano destinate a mutare ancora di più nel prossimo futuro.
Il fenomeno è stato analizzato nella riunione in cui si è celebrato il cinquantesimo anniversario della Factors Chain International, associazione che riunisce circa 400 società di factoring operanti in 90 Paesi e il cui turnover è circa il 60% del totale mondiale.
In quella riunione si è manifestato grande ottimismo sul futuro del factoring, anche per le grandi prospettive del continente asiatico (in testa ovviamente la Cina), ma anche di altri Paesi emergenti, che partono da livelli molto bassi e possono quindi conseguire nel breve termine alti tassi di crescita.
La variabile che condizionerà di più tale sviluppo è la tecnologia. FinTech, blockchain, robotica, intelligenza artificiale e via dicendo sono stati evocati da tutti i partecipanti alla riunione. La presenza massiccia, anche tra gli sponsor della riunione, di aziende specializzate nella tecnologia finanziaria e più in generale nell’It dimostra peraltro l’importanza del problema, la cui soluzione ha complessità e costi non sopportabili direttamente dai singoli factor, i quali sono quindi obbligati a ricorrere all’outsourcing.
La variabile tecnologica influenzerà notevolmente il futuro del factoring, il quale potrebbe tornare a essere come quando, prima di diventare un’operazione essenzialmente finanziaria, era soprattutto un’attività di servizio che facilita le transazioni commerciali domestiche e internazionali. Un altro fattore di crescita potrebbe poi essere l’inserimento nella cosiddetta finanza islamica. L’importanza economica e commerciale dei Paesi musulmani è in continua e rapida ascesa e il peso della finanza ottemperante la Sharia cresce a ritmo elevato. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’inclusione del factoring islamico in quello tradizionale non richiederebbe grandi mutamenti nella struttura delle operazioni classiche. Sostituendo nei contratti la parola interesse, vietata dalla legge islamica, con altra locuzione che ponga l’accento sulla rimunerazione del rischio del factoring e vietando quest’ultimo in certi settori del commercio internazionale non conformi alle regole islamiche, le attuali modalità del factoring tradizionale sarebbero pienamente accettabili e potrebbero soddisfare le attese dei Paesi di fede musulmana.
Anche l’avvento su scala rilevante delle operazioni di reverse factoring, già diffuse in diversi paesi fra cui anche l’Italia, ma ancora alla ricerca di uniformità giuridica in sede internazionale, potrebbe aprire nuovi orizzonti. Sono operazioni in cui i finanziamenti delle transazioni commerciali non sono incentrati sui venditori, che cedono ai factor crediti nei riguardi dei loro clienti, bensì sui fornitori di quei venditori i cui acquisti i factor possono finanziare, in base a specifiche convenzioni con i compratori, più o meno secondo le vecchie regole di quello che andava sotto il nome di factoring indiretto.
Altri elementi condizioneranno in futuro l’attività, che si presenta comunque molto dinamica e con ottime prospettive. A sostegno di tale affermazione si nota che il factoring oggi supera a malapena il 2% del pil globale, lasciando quindi intravedere immensi spazi di sviluppo, che le società di factoring sapranno certamente conquistare. (riproduzione riservata)
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