di Giovanni Galli
Accrescere la mobilità dei lavoratori tra gli Stati membri e migliorare l’acquisizione e la salvaguardia di diritti pensionistici complementari dei lavoratori. Sono gli obiettivi del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2014/50/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai requisiti minimi per accrescere la mobilità dei lavoratori tra Stati membri migliorando l’acquisizione e la salvaguardia di diritti pensionistici complementari, approvato ieri in esame definitivo dal consiglio dei ministri. Il provvedimento, come spiega una nota di Palazzo Chigi, approvato su proposta del ministro per gli Affari europei, Paolo Savona, e del ministro del lavoro e delle politiche sociali, Luigi Di Maio, integra la normativa in vigore (decreto legislativo 5 dicembre 2005, n.252, recante la Disciplina delle forme pensionistiche complementari), con disposizioni concernenti, tra l’altro, il termine di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, ridotto a tre anni rispetto a quello ordinario di cinque anni, per i lavoratori il cui rapporto di lavoro in corso cessa per motivi indipendenti dall’acquisizione del diritto ad una pensione complementare e che si spostino tra Stati membri dell’Unione europea; il mantenimento della posizione individuale maturata presso la forma pensionistica complementare e il trasferimento ad altra forma pensionistica ove vengano meno i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare, nonché gli obblighi di informazione nei confronti degli iscritti attivi con riferimento ai diritti pensionistici complementari. Il consiglio dei ministri, su proposta del ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Erika Stefani, ha anche deliberato la rinuncia alle impugnative della legge della Regione Lazio n. 17 del 31 dicembre 2016, recante «Legge di stabilità regionale 2017», nonché della legge della Regione Veneto n. 30 del 30 dicembre 2016, recante «Collegato alla legge di stabilità regionale 2017”, tenuto conto del venir meno dei motivi di impugnazione in virtù delle sopravvenute modifiche apportate alle medesime leggi regionali.
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