La cooperazione nel delitto colposo si distingue dal concorso di cause colpose indipendenti per la necessaria reciproca consapevolezza dei cooperanti nella convergenza dei rispettivi contributi all’incedere di una comune procedura in corso; per aversi cooperazione nel delitto colposo non è necessaria la consapevolezza della natura colposa dell’altrui condotta, né la conoscenza delle identità delle persone che cooperano, essendo sufficiente la coscienza dell’altrui partecipazione nello stesso reato, intesa come consapevolezza, da parte dell’agente, del fatto che altri soggetti – in virtù di un obbligo di legge, di esigenze organizzative correlate alla gestione del rischio, o anche solo in virtù di una contingenza oggettiva e pienamente condivisa – sono investiti di una determinata attività, con una conseguente interazione rilevante anche sul piano cautelare, nel senso che ciascuno è tenuto a rapportare prudentemente la propria condotta a quella degli altri soggetti coinvolti.
Sulla scorta di tali consolidati principi appare allora di immediata evidenza che gli imputati hanno posto in essere, rispetto all’evento lesivo, condotte colpose indipendenti, tra loro autonome pur se concomitanti, e non in cooperazione tra loro.
Il giudice confermava l’ipotesi accusatoria, affermando che l’autovettura, percorrendo il lungomare nell’unico senso consentito, aveva avviato una manovra di svolta a sinistra per invertire il proprio senso di marcia, nonostante la direzione unica di circolazione, posizionandosi trasversalmente rispetto all’asse stradale ed in parte impegnando la zona delimitata dalle strisce blu, collocate sulla sinistra.
In quel frangente era sopraggiunto il motociclo, il quale, nonostante la manovra di emergenza (frenata), era andato a collidere con la parte anteriore contro la parte centro-posteriore dell’auto.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, 22 marzo 2018 n. 13323