di Giorgia Pacione Di Bello
La norma italiana sulla residenza ai paperoni non viola il diritto Ue. «Non c’è nessun rischio di evasione fiscale ed è rispettato il principio di leale cooperazione». Così Pierre Moscovici, commissario europeo per gli affari economici europei, ha risposto in merito alla norma sulla tassazione forfettaria agevolata per i redditi di fonte estera di persone ad alta capacità contributiva che entro luglio sceglieranno di trasferire la loro residenza in Italia. Nel dettaglio la norma, contenuta nella legge di bilancio e battezzata dall’Agenzia delle entrate con un provvedimento il 9 marzo 2017, dà il via a un’imposta forfettaria da 100 mila euro sui redditi prodotti all’estero dei ricchi che entro luglio decideranno di trasferire la loro residenza in Italia. Decisione presa dal governo dopo la Brexit e le conseguenze legate ad una possibile «Hard Brexit». Per rendere l’Italia, ma soprattutto Milano, attrattiva agli occhi dei paperoni esteri si è dunque optato per una imposta forfettaria da 100 mila euro; mossa apprezzata all’estero tanto che a fine marzo (si veda ItaliaOggi del 18/3/2017) erano già 1.100 i soggetti stranieri che avevano manifestato interesse nel voler trasferire la propria residenza in Italia. La norma «attira paperoni» ha fin da subito mosso critiche a livello internazionale tanto che alla Commissione Ue il 20 marzo 2017, era stato chiesto da Fabio De Masi (Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/sinistra verde nordica) se la proposta fiscale italiana non fosse un esempio di concorrenza fiscale dannosa, che andava a favorire i ricchi. La risposta non è tardata ad arrivare. Moscovici ha infatti risposto che «il gruppo di lavoro del consiglio economia e finanza ha ritenuto che la tassazione del reddito delle persone fisiche non rientra, di norma, nell’ambito di applicazione del Codice» (Codice di condotta in materia di tassazione delle imprese). E che alcuni aspetti della tassazione in oggetto «possono essere presi in considerazione se la loro interazione con le altre misure fiscali produce effetti negativi per la tassazione delle imprese». Ciò che la Commissione ha potuto concludere, alla luce dei dati in suo possesso, è che «non vi è rischio evidente di elusione fiscale» e che «tenendo conto che gli stati membri sono liberi di fissare le aliquote d’imposta nazionali, è rispettato il principio di leale cooperazione».
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