di Rebecca Carlino
L’industria del risparmio gestito continuerà a crescere in Italia con un patrimonio gestito che ammontera` a 1.943 miliardi di euro nel 2020. E` la previsione di PwC presentata nello studio «L’industria dell’asset management nel 2020». Un ruolo lo giocheranno anche le private bank, che dovranno conquistare una fetta di risparmio non ancora coperta dalla consulenza e puntare sui servizi e prodotti ad alto valore aggiunto. «Negli ultimi anni», osserva Mauro Panebianco, partner di PwC e Awm Consulting leader Italy, «la ricchezza delle famiglie italiane si e` spostata verso i prodotti del risparmio gestito per far fronte ai rendimenti vicini allo zero sugli investimenti che sono sempre stati prediletti dagli italiani, ovvero le obbligazioni governative e bancarie. Considerando che meno del 50% della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane e` investita in prodotti del risparmio gestito, ci aspettiamo che questo trend possa continuare per avvicinarsi alla media europea».
Ma il futuro porta anche delle sfide. Lo studio di PwC ricorda che le principali novita` regolamentari (MiFID II /MiFIR) comporteranno una revisione dell’attuale modello di business, con le seguenti implicazioni per il wealth management: maggiori oneri di trasparenza e compliance normativa, con conseguente compressione dei margini e riduzione delle fee; possibile pressione regolamentare sulle retrocessioni e aumento della complessita` degli accordi distributivi per la richiesta maggiore trasparenza. La parola d’ordine sarà ridurre i costi nelle attività a minore valore aggiunto. E la tecnologia può venire in aiuto come ricorda Luigi Marciano, presidente, fondatore e ceo di Objectway: «Uno dei temi che sta generando maggiori aspettative nel settore finanziario in tema di efficienza sono le tecnologie di Robotic process automation (Rpa), l’automazione robotica per la gestione di tutte le attività a minore valore aggiunto per il business».
Secondo Marciano si tratta di strumenti che automatizzano tutte o alcune fasi dei processi manuali basati su regole, ad esempio processi amministrativi, inserimento dati o controlli, a favore di riduzione dei costi e dei rischi operativi, incremento dei margini grazie a un migliore rapporto costo/ricavo e massima produttività. «Il costo del back office rappresenta in particolare una quota importante delle spese operative nel settore finanziario», continua il presidente di Objectway. «Le banche private possono sfruttare queste tecnologie per migliorare la gestione delle attività e dei processi non automatizzati, liberando così risorse per attività di core business a maggior valore aggiunto». Mentre un’altra strategia per ridurre l’impatto di alcune attività ripetitive tipiche del back office consiste nel trasferirle nella fase di engagement del cliente: per esempio la compilazione del questionario MiFID, la raccolta dei dati personali o la definizione dei propri obiettivi di investimento sono eseguibili direttamente dall’investitore in modalità self-service. Le informazioni acquisite vengono quindi gestite in maniera automatizzata e rese disponibili per le attività successive di consulenza e gestione del portafoglio. «Gli strumenti digitali contribuiscono inoltre a favorire una migliore conoscenza e profilazione della clientela», prosegue Marciano, «uno degli aspetti determinanti per fornire un servizio altamente personalizzato. Altrettanto importante è la costante verifica della coerenza dell’operatività del cliente rispetto al suo profilo di rischio. Tanto per assicurare la compliance alla normativa quanto per rispondere all’evoluzione del profilo del cliente, che nel tempo può cambiare in termini di aspettative o capacità di sopportare i rischi e in rapporto all’evoluzione stessa, strutturale o contingente, dei mercati finanziari».
La tecnologia può venire in aiuto anche nella relazione tra cliente e banker. Data la complessità delle prestazioni fornite ai clienti di fascia alta, le banche private hanno basato il proprio modello di servizio sul rapporto personale tra banker e cliente. Anche in questo segmento di mercato meno colpito dalla trasformazione digitale, la tecnologia sta determinando un cambiamento sia nel modello di offerta, sia nel favorire una maggiore trasparenza ed efficienza nella relazione banca-cliente. «Il canale fisico rimane per le questioni più complesse», continua Marciano, «ma a questo si affiancano strumenti di digital engagement e collaboration per accedere agli investimenti in autonomia, sempre e dovunque, o per richiedere la consulenza del proprio banker tramite chat, videochat e condivisione dello schermo online». Gli operatori tradizionali stanno utilizzando le tecnologie digitali anche per attrarre nuovi investitori, mediante l’offerta di molteplici canali di interazione. Infine «le piattaforme digitali evolute per la gestione dei prodotti di investimento abilitano l’offerta di servizi flessibili, adattabili alle diverse esigenze della clientela a costi più bassi», conclude l’esperto. «Le banche private possono ampliare il profilo d’offerta includendo strategie di investimento a lungo termine delegate, advisory basata su obiettivi, fino a servizi in cui il cliente effettua in autonomia le scelte d’investimento». (riproduzione riservata)
Fonte: