Eppure tra i gestori fa capolino un moderato ottimismo
Pagina a cura di Luigi dell’Olio

L’esito del referendum britannico sulla permanenza nell’Ue e le elezioni in Spagna non hanno esaurito le incertezze di tipo geopolitico che possono influenzare i mercati. Le prossime settimane verosimilmente saranno ancora all’insegna dell’incertezza per le tante variabili in gioco, oltre che per il calo degli scambi tipico del periodo estivo.

Eppure, tra i gestori comincia a far capolino un moderato ottimismo su quello che ci aspetta.

Lo spauracchio Trump. L’appuntamento elettorale più importante riguarda le presidenziali americane, che si svolgeranno l’8 novembre prossimo. L’appuntamento non è dietro l’angolo, ma si sa che i mercati si muovono in anticipo, cercando di stimare le possibilità che un evento si verifichi e di trarne conseguentemente profitto. Tra i due contendenti i favori del pronostico vanno a Hillary Clinton, ma il vento anti establishment che soffia in tutto il mondo potrebbe favorire l’avanzata di Donald Trump. Il successo di quest’ultimo, secondo un report di Credit Suisse, «sarebbe uno shock per i mercati, e nel breve termine provocherebbe un esito probabilmente negativo. Tuttavia, vista la scarsa influenza di Trump sul partito e le molte promesse che sarà difficile rispettare, è probabile che il programma politico venga fortemente influenzato dall’attuale ortodossia repubblicana», con riferimento all’attenzione sul fronte della spesa pubblica. Più netto è il giudizio di Nomura, secondo cui un’elezione della Clinton rappresenterebbe per il mercato un elemento di continuità, mentre Donald Trump «rappresenta più che mai l’incertezza». Per gli analisti giapponesi, l’elezione del candidato repubblicano a Presidente degli Stati Uniti rappresenterebbe un grande rischio per i mercati finanziari, che provocherebbe una fase di turbolenza».

Dal referendum italiano alle tensioni in Medio Oriente. A ottobre tornerà sotto i riflettori l’Italia con il referendum confermativo relativo alle modifiche costituzionali volute dal governo Renzi. In questo caso l’incertezza è massima e il rischio che il processo riformatore possa subire un netto stop è particolarmente elevato. Una prospettiva che potrebbe riportare il pessimismo tra gli investitori sulle reali possibilità di ripresa nel nostro Paese.

L’evoluzione delle dinamiche geopolitiche potrà inoltre avere un impatto importante sui prezzi delle commodity, a cominciare dal petrolio. Se il crollo dei mesi scorsi è imputabile al braccio di ferro tra Arabia Saudita e gli altri grandi produttori che non ha consentito di ridurre la produzione a fronte della frenata della crescita mondiale, le tensioni in Nigeria e in Libia potrebbero aver sostenuto la ripresa nelle ultime settimane. Con lo scenario mediorientale che resta incerto anche nei prossimi mesi.

Il check-up di portafoglio. Questi elementi vengono ad aggiungersi a un contesto già di per sé poco chiaro per i mercati finanziari, con l’equity che non risulta più a sconto se rapportato alla frenata registrata dagli utili aziendali nel primo trimestre dell’anno e il comparto obbligazionario che si trova a fare i conti con l’era dei tassi ai minimi che comprimono i rendimenti.

Eppure i mercati continuano a essere inondati di liquidità dalle banche centrali, uno scenario che potrebbe favorire gli asset tradizionalmente reputati come più rischiosi.

Secondo Stefan Kreuzkamp, chief investment officer di Deutsche asset management, nel secondo semestre si assisterà a un fenomeno inedito per gli ultimi anni, il ritorno dell’inflazione. «I timori sulla deflazione sono del tutto scomparsi. Il punto più basso è alle nostre spalle e presto ci sarà un uno prima del punto decimale», spiega l’esperto. Per i prossimi mesi Kreuzkamp prevede una crescita economica moderata, l’innalzamento dei tassi di interesse negli Usa e una stabilizzazione dei prezzi delle materie prime. «Le politiche seguite dalle principali banche centrali resteranno ultra espansive, anche se ci saranno sempre più evidenti ripercussioni sotto forma di maggiore volatilità dei mercati finanziari», aggiunge. In questo scenario, per individuare le opportunità di guadagno, spiega, gli investitori devono essere disposti ad accettare un certo grado di rischio, considerato per altro che i rendimenti attuali offerti sul mercato del reddito fisso sono ai minimi storici. La società tedesca di asset management si attende un aumento dei profitti aziendali, aggiungendo che le valutazioni attuali «sono molto attraenti dopo le recenti battute d’arresto».

Ha una prospettiva moderatamente positiva anche Comgest, che punta in particolare su titoli che garantiscono dividendi crescenti negli anni e un elevato roic, indicatore che mostra la capacità di una società di ottenere ritorni sugli investimenti effettuati. Da qui la preferenza per aziende legate ai megatrend, come la salute e l’invecchiamento della popolazione, e all’industria. Mentre scarso spazio trovano i titoli del comparto finanziario.

Incertezza emergenti. Più incerto appare lo scenario per quel che riguarda i mercati emergenti, dopo la parziale ripresa delle quotazioni nelle ultime settimane. Di recente il più importante paniere di indici, vale a dire l’Msci, è stato aggiornato nel segmento emerging market, con ricadute che da East Capital giudicano positive per Pakistan, Argentina e Arabia Saudita, neutrali per Perù e Corea del Sud, e potenzialmente negative per Cina e Nigeria. «La decisione di non includere la Cina negli indici sui mercati emergenti è l’elemento più sorprendente dell’aggiornamento», spiega in un report Francois Perrin. «Sebbene Msci riconosca i significativi miglioramenti dell’ultimo anno, come quello cruciale sulla proprietà effettiva, e che alcuni aspetti siano ancora in corso di implementazione, come la questione dell’accessibilità, altri punti cardine come il limite del 20% imposto al rimpatrio del capitale restano questioni irrisolte».

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