Il settore finanziario è nella tormenta dopo l’annuncio del risultato del referendum britannico, che ha visto vincere la volontà di uscire dalla UE.
Particolarmente colpiti in borsa i titoli bancari e assicurativi (Aviva e Prudential soprattutto tra le compagnie).
Preso atto della decisione, le prime reazioni a caldo delle compagnie indicano comunque un discreto ottimismo. Aviva ha dichiarato di aver effettuato un’analisi approfondita delle possibili implicazioni e stima che la Brexit non ha un impatto operativo importante sulla società. Il gruppo britannico può contare sulla buona capitalizzazione e sul margine Solvency II a 180%, oltre che ad un surplus di capitale di 9,7 mld di sterline.
Allianz stima che l’impatto economico a medio termine dovrebbe essere gestibile, anche se si attende pesanti turbolenze finanziarie. “I nostri portafogli non sono colpiti in maniera significativa dalla volatilità a breve termine dei mercati, grazie alla nostra politica di investimento a lungo termine, non prevediamo per gli investimenti di Allianz nessuna conseguenza negativa”.
Il gruppo Axa, per il quale il Regno Unito rappresenta il 7° mercato europeo, afferma di essere tra le istituzioni finanziarie più solide al mondo. “I nostri clienti possono contare sulla solidità del nostro bilancio e la diversificazione e grande qualità del portafoglio di asset. Il nostro nuovo piano strategico è stato costruito sulle ipotesi economiche prudenti e siamo convinti che è adatto al contesto attuale”.
Da parte sua l’agenzia di rating Standard & Poor’s rileva che la Brexit non dovrebbe coportare modifiche ai rating delle compagnie britanniche. L’agenzia considera il settore assicurativo come quello meno esposto.
Alla stessa conclusione giunge Fitch, che non prevede di declassare le compagnie nel breve termine.
Tuttavia, nell’immediato, la volatilità dei mercati finanziari potrebbe – nel breve termine – impattare i margini di solvibilità delle principali compagnie, in particolare le compagnie vita, più sensibili. Secondo Moody’s infatti, le compagnie vita sarebbero particolarmente esposte al deterioramento del valore dei loro asset.
Meno a rischio le compagnie danni, anche se i tassi di cambio più deboli potrebbero avere conseguenze nefaste sulla redditività.
Le conseguenze sul medio e lungo termine dipenderanno dalla natura degli accordi negoziati, in particolare dagli accordi commerciali tra il Regno Unito e la UE, in virtù dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona.
In particolare si tratta del « passporting », pratica che permette alle compagnie autorizzate di sottoscrivere attività in qualsiasi paese europeo senza avervi una filiale. In assenza di questo accordo le compagnie sarebbero costrette a insediare filiali in Gran Bretagna, cosa che comporterebbe costi supplementari. Inoltre le stesse imprese britanniche non avrebbero la possibilità di far valere la propria autorizzazione britannica per esercitare questi diritti negli altri paesi UE.
Secondo S&P, allo stato attuale ci sarebbero 562 compagnie danni e 177 compagnie vita fuori dal Regno Unito che sottoscrivono rischi in questo modo.