Il principio dell’affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, trova un opportuno temperamento nell’opposto principio, secondo cui l’utente della strada è responsabile anche dei comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità; l’imprevedibilità, quindi, non può farsi consistere nella stessa imprudenza dell’altrui comportamento.
Nell’accertamento della condotta colposa dell’imputato, nel formulare il loro convincimento sull’eccesso di velocità, i giudici di merito non sono tenuti a indicare in termini aritmetici il limite di velocità ritenuto innocuo, essendo sufficiente che essi indichino gli elementi di fatto e le logiche deduzioni, in base ai quali hanno valutato, sia pure approssimativamente, la velocità ritenuta nociva e pericolosa in rapporto alla situazione obiettiva ambientale.
Il fattore velocità risponde infatti ad un concetto di relatività alle situazioni contingenti quando trattasi di valutare il comportamento dell’imputato in nesso causale con l’evento ascrittogli e non già di accertare la violazione contravvenzionale di norme prescriventi limiti fissi di velocità; detto altrimenti, la velocità adeguata è quella che il giudice identifica come valevole a garantire una sicura circolazione stradale, nelle specifiche condizioni date.
Trattandosi di regola elastica, l’opera di definizione della regola cautelare chiama in causa la prevedibilità e l’evitabilità dell’evento: la velocità doverosa è quella che, tenuto conto delle condizioni di tempo e di luogo, permette di evitare gli eventi prevedibili secondo l‘id quod plerumque accidit.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, 25 febbraio 2015 n. 8526