Nel caso in cui per la liquidazione del danno non patrimoniale da morte di un prossimo congiunto le “tabelle” applicate cambino nelle more tra l’introduzione del giudizio e la sua decisione, il giudice (anche d’appello) sarà obbligato a utilizzare i parametri vigenti al momento della decisione.
Sottolineando un orientamento già espresso nella sentenza n. 7272/2012, i giudici della terza sezione civile della Corte di Cassazione hanno accolto, con la sentenza n. 11152 dello scorso 29 maggio 2015 un ricorso contro la decisione di una Corte d’appello. Per gravi lesioni subite in un sinistro e a causa delle quali decedeva il figlio giovanissimo, i genitori, nonché i nonni e i fratelli della stessa avanzano domanda risarcitoria. Il giudice di primo grado liquidava un importo, mentre nel successivo giudizio d’appello il complessivo risarcimento veniva ridotto notevolmente. Pertanto si proponeva ricorso per Cassazione. Secondo i parenti della vittima, la Corte d’appello avrebbe erroneamente liquidato il danno facendo riferimento ai parametri tabellari vigenti all’epoca del sinistro, anziché quelli vigenti al momento della liquidazione, errore tanto più rilevante dal momento che le tabelle erano datate e precedenti all’affermazione del principio di integralità del danno non patrimoniale. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale della stessa Corte: «Se le “tabelle” applicate per la liquidazione del danno non patrimoniale da morte di un prossimo congiunto cambino nelle more tra l’introduzione del giudizio e la sua decisione, il giudice (anche d’appello) ha l’obbligo di utilizzare i parametri vigenti al momento della decisione (Cass. 11 maggio 2012, n. 7272)». Inoltre, la Corte territoriale era incorsa nell’errore di determinare il danno in base a «parametri» (le c.d. tabelle) vigenti all’epoca del sinistro i quali, peraltro, erano stati elaborati, evidentemente, senza tenere conto dei principi affermati nel 2008 dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr., segnatamente, Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972) al fine di poter stimare «equo» il valore per la liquidazione del danno non patrimoniale c.d. da perdita del rapporto parentale.