Le compagnie di assicurazione tornano a macinare profitti lasciandosi così alle spalle gli anni bui della recessione. Lo dimostrano i dati del 2014 relativi a raccolta premi e investimenti, a redditività e capitale e anche le prime indicazioni sulle prossime norme Solvency 2. Resta però un problema: le tariffe Rc auto. Sebbene il comparto abbia fatto registrare anche nel 2014 un calo dei premi, le tariffe in Italia restano tra le più alte in Europa. Vantaggi potrebbero arrivare da una ancora più significativa lotta alle frodi e da una maggiore concorrenza.
Lo stato di salute del comparto assicurativo è stato fotografato dal presidente dell’Ivass Salvatore Rossi che nel corso della Relazione annuale ha sottolineato come “la crisi del biennio 2011-2012 è superata”. “Nella raccolta premi, le compagnie assicurative italiane – ha spiegato Rossi – hanno ottenuto lo scorso anno un risultato decisamente migliore di quello medio europeo: quasi 150 mld euro, il 20% in piú rispetto al 2013, anno in cui già la raccolta era cresciuta, si sfiora il 9% del Pil”.
Il Roe complessivo per l’industria assicurativa italiana è salito nel 2014 al 9,3% (8,2% nel 2013), allineandosi a quello medio europeo. “La crisi del 2010-2011 aveva imposto alle compagnie italiane perdite cumulate per circa 4,4 mld. Nei tre anni successivi sono tornati i profitti, dell’ordine di 5.6 mld l’anno. Contribuiscono al buon risultato tutti i rami di attività”.
Quanto al “caso” Rc auto, il presidente dell’Ivass ha messo in evidenza come “da molti anni l’Italia è il Paese dalle tariffe piú alte nel confronto internazionale; giocano molti fattori, fra tutti l’abnorme presenza di frodi perpetrate ai danni delle compagnie da una minoranza, cospicua e aggressiva, di assicurati”. “I dati di mercato – ha sottolineato – mostrano progressi considerevoli, dopo i primi segnali positivi già emersi nel 2013. Poco mancherebbe a una vera e propria svolta”.
Rossi ha quindi spiegato che “secondo la nostra indagine Iper sui prezzi effettivi delle polizze Rc auto, il prezzo medio nel 2014 si è ridotto di quasi l’8%, proseguendo in una tendenza discendente iniziata l’anno prima”, ha proseguito. “Solo per fare un’ipotesi di lavoro, se questa tendenza proseguisse allo stesso ritmo nei prossimi anni e i prezzi negli altri Paesi europei restassero invece sui livelli del 2012- ha messo in evidenza Rossi- il divario di prezzo medio fra il nostro Paese e il resto d’Europa si annullerebbe entro il 2020”. “Questo semplice esercizio aritmetico mostra, al tempo stesso, quanto ampio fosse il divario di partenza, ma anche quanto la soluzione dell’anomalia sia a portata di mano”, ha sottolineato.
Il percorso di riduzione delle tariffe Rc auto potrebbe essere favorito anche da una maggiore concorrenza fra le compagnie assicurative. “La concentrazione del mercato si è ridotta del 15% rispetto al 2013. È aumentata la mobilitá dei clienti fra una compagnia e l’altra, esercitando una pressione forte pressione al ribasso dei prezzi”, ha spiegato Rossi rilevando che “un assicurato su sei ha cambiato compagnia lo scorso anno, spuntando una riduzione di prezzo pari in media al 22% rispetto al contratto precedente. Chi è rimasto fedele alla sua compagnia ha beneficiato sì di una riduzione di prezzo, ma solo del 5%”.
In merito alle prossime regole di Solvency 2, quindi sul nuovo livello di patrimonializzazione e solvibilità delle compagnie assicurazioni e riferite al 31 dicembre 2014, le prime segnalazioni sono complessivamente tranquillizzanti”, ha aggiunto Rossi spiegando che “i fondi propri ammissibili si commisurano, per l’intero sistema, a piú di due volte il requisito regolamentare (Solvency Capital Requirement); le imprese che
secondo questi dati necessiterebbero di aumenti di capitale rappresentano il 3% in termini di mercato raccolta premi”. In base alle regole Solvency 1, attualmente in vigore, il sistema assicurativo italiano “mostra un indice di solvibilità quasi il doppio del minimo”.
Rossi si è soffermato anche sulla previdenza e sul nesso con le assicurazioni. “La finanza privata a scopi previdenziali dovrebbe ovviare al necessario ritrarsi della previdenza pubblica da livelli di protezione che erano finanziariamente insostenibili. Essa annovera i prodotti previdenziali in senso stretto, i fondi pensione, a loro volta distinti a seconda che garantiscano o no prestazioni definite; vi si aggiungono i prodotti offerti dalle compagnie assicurative con finalità lato sensu previdenziali: polizze vita “rivalutabili”, polizze unit linked, piani individuali di previdenza (PIP), fondi pensione “aperti”. Il prolungarsi della condizione di bassi tassi d’interesse rende problematici tutti i prodotti “garantiti”, sia per i fondi pensione, sia per le compagnie assicurative”.
Tuttavia, indipendentemente dall’andamento futuro dei tassi, un maggior contributo delle assicurazioni alle gestioni previdenziali non può che portare benefici al sistema di welfare pensionistico: le compagnie di assicurazione sono da sempre attrezzate al rilascio di garanzie demografico-finanziarie; l’IVASS controlla sia il livello della garanzia sia
l’adeguato accumulo di riserve, quindi la sostenibilità nel tempo degli impegni, in funzione anche degli attivi a copertura.
In un orizzonte di medio-lungo termine, la mutualità tra generazioni di lavoratori e tra investitori di risparmi, realizzata da gestioni assicurativo-previdenziali, può consentire di conciliare le diverse esigenze di sicurezza, di economicità, di compatibilità con le dinamiche di mercato, di solvibilità degli intermediari.
Rossi ha anche fatto cenno all’assicurazione per il rischio di perdita dell’autosufficienza nell’età avanzata, per il quale si aprono notevoli spazi potenziali di mercato per le compagnie assicurative.
“Incentivare fiscalmente questo tipo di assicurazione è un buon affare per l’Erario nella misura in cui stimola transazioni altrimenti non realizzate, consentendo inoltre risparmi dal lato delle prestazioni sanitarie pubbliche. Parti sociali e imprese assicurative dovrebbero coinvolgersi, le prime estendendo la contrattazione collettiva previdenziale a queste fattispecie; le seconde, migliorando le condizioni di offerta in vista di una forte crescita del mercato”.
Rossi ha anche accennato alla possibilità per le imprese assicurative di investire nelle Pmi con i mini-bond, opportunità che secondo il presidente dell’IVASS le compagnie non avrebbero colto, nonostante il potenziale di investimento sia di oltre 60 mld. Più in generale, sugli investimenti delle compagnie, Rossi ha spiegato che nel 2014 sono aumentati. “La loro consistenza complessiva alla fine dell’anno – ha proseguito – aveva raggiunto i 630 mld, quasi il 12% in più rispetto al 2013”.
Da parte sua il presidente dell’ANIA, Minucci, ha risposto che le compagnie assicurative hanno già investito 12 mld nell’economia reale. “Sia pure in casi limitati – ha sottolineato Minucci – comincia a muoversi qualcosa. Si sta creando un interesse diffuso. Occorrerà che si creino le condizioni perché questa nuova attività possa prendere corpo e svilupparsi”.
Minucci ha anche commentato i dati relativi al calo tariffe rca nel 2014: “E’ un passo in avanti significativo, ma si potrà fare molto meglio. Bisogna continuare il processo virtuoso di calo dei prezzi intervenendo sul fenomeno delle frodi”.
“Le cose che diciamo sono serie e credibili. Se si ha il coraggio i intervenire -ha sottolineato Minucci- i risultati si ottengono”.