Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia U.E.:
1) il diritto di surrogazione dell’assicuratore sociale è disciplinato dalle norme dello Stato al quale appartiene l’ente surrogante, con il limite per cui tale surrogazione non può eccedere i diritti spettanti alla vittima o ai suoi aventi causa (ossia, l’ammontare del danno causato dal responsabile e liquidato secondo la legge del luogo dove è avvenuto il fatto illecito);
2) i diritti che spettano alla vittima, o ai suoi aventi causa, nei confronti dell’autore del danno – nei quali l’ente previdenziale può surrogarsi – ed i presupposti dell’azione risarcitoria sono disciplinati dalle norme dello Stato in cui si è verificato il “danno” (ivi comprese le norme di diritto internazionale privato applicabili);
che, dunque, nel caso di specie:
a) il diritto al risarcimento del danno spettante alla vittima di un sinistro o ai suoi aventi causa (e, quindi, l’area del danno risarcibile) è individuato dalle norme italiane;
b) i presupposti ed i limiti dell’azione di surrogazione esercitabile dall’ente previdenziale sono dettati dalle norme tedesche;
che, pertanto, essendo l’area del danno risarcibile ascrivibile alla disciplina del diritto dello Stato membro nel cui territorio si è verificato il danno, occorre allora stabilire se, in base all’ordinamento italiano, all’ambito del danno (patrimoniale) risarcibile a seguito di fatto illecito (nella specie: sinistro sciistico mortale) appartenga o meno la prestazione previdenziale indennitaria, erogata a seguito dell’evento dannoso e in funzione di sostentamento della vittima del sinistro o dei suoi aventi causa;
che, nella fattispecie, vengono infatti in rilievo prestazioni di tale (non contestata) natura, quali la pensione di reversibilità e la rendita agli orfani erogate dall’ente previdenziale tedesco;
che la giurisprudenza di questa Corte si è orientata, per lungo tempo ed in modo prevalente, nel senso che dal montante risarcitorio per danno patrimoniale conseguente a fatto illecito debbano escludersi le prestazioni erogate dall’assicuratore sociale o dall’ente previdenziale, non potendo in tal caso trovare rilievo il principio della compensatio lucri cum damno, giacché prestazione previdenziale e danno non scaturiscono entrambi dal fatto illecito, posto che la prima sorge direttamente dalla legge;
che, più di recente, con la sentenza n. 13537 del 13 giugno che 2014, si è affermato il seguente principio (cosi massimato): “In tema di danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui, dall’ammontare del risarcimento deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità percepita dal superstite in conseguenza della morte del congiunto, attesa la funzione indennitaria assolta da tale trattamento, che è inteso a sollevare i familiari dallo stato di bisogno derivante dalla scomparsa del congiunto, con conseguente esclusione, nei limi ti del relativo valore, di un danno risarcibile”;
che tale pronuncia recupera un diverso orientamento (minoritario: Cass., 16 novembre 1979, n. 5964; Cass., 24 maggio 1986, n. 3503), che nega la possibilità di cumulare il risarcimento del danno con eventuali prestazioni previdenziali percepite in conseguenza del fatto illecito, in quanto il beneficio erogato dall’assicuratore sociale o dall’ente previdenziale abbia lo scopo di “attenuare il danno patrimoniale subito dai familiari della vittima”, con ciò elidendosi in parte qua l’esistenza del danno risarcibile;
che tra le varie conseguenze derivanti dall’applicazione di siffatto ultimo orientamento (illustrate diffusamente dalla citata sentenza n. 13537) vi sarebbe anche quella di consentire all’assicuratore sociale/ente previdenziale l’esercizio dell’azione di surrogazione nei diritti risarcitori del danneggiato in riferimento alle somme erogate a titolo di prestazione previdenziale indennitaria;
che successivamente alla sentenza n. 13537 del 2014, altra sentenza (n. 20548 del 30 settembre 2014) ha ribadito il diverso principio (cosi massimato): “In tema di risarcimento del danno da illecito, il principio della compensatio lucri cum damno trova applicazione unicamente quando sia il pregiudizio che l’incremento patrimoniale siano conseguenza del medesimo fatto illecito, sicché non può essere detratto quanto già percepito dal danneggiato a titolo di pensione di inabilità o di reversibilità, ovvero a titolo di assegni, di equo indennizzo o di qualsiasi altra speciale erogazione connessa alla morte o all’invalidità, trattandosi di attribuzioni che si fondano su un titolo diverso dall’atto illecito e non hanno finalità risarcitorie”;
che, in siffatto contesto, si rende quindi opportuno investire le Sezioni Unite della risoluzione del contrasto sopra evidenziato, concernente la portata del principio della c.d. compensatio lucri cum damno nell’ambito delle conseguenze risarcitorie da fatto illecito, nella specie rilevante, segnatamente, in relazione alla limitazione del diritto al risarcimento del danno della vittima (o dei suoi aventi causa), in funzione del quale diritto l’assicuratore sociale/ente previdenziale può esercitare l’azione di surrogazione ad esso spettante (nel caso all’esame, secondo il diritto tedesco) nei confronti del responsabile civile.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 5 marzo 2015, n. 4447