di Paola Valentini
In un anno sono stati capaci di ribaltare la classifica delle performance dei fondi che gestiscono. Sono i money manager (a portata di investitore italiano) che, grazie alla loro abilità di sfruttare i trend degli ultimi mesi vissuti all’insegna della crisi greca ma anche della fine del Qe della Fed e del varo di quello della Bce, hanno risalito la china scalando decine e decine di posizioni all’interno della propria categoria.
Come Mark Yokey, gestore in Artisan del fondo azionario internazionale Artisan Global Equity, che in 12 mesi è salito al 16° posto guadagnando 221 posizioni, con un rendimento a un anno del 40,1%.
MF-Milano Finanza ha chiesto alla società di analisi Citywire (che assegna anche un rating ai gestori, da A a AAA, sulla base della performance triennale in relazione al rischio) di individuare gli «sprinter», ovvero i primi tre gestori in 11 categorie che negli ultimi 12 mesi hanno ingranato la quinta superando il maggior numero di concorrenti. Come dire: dalle stalle alle stelle. Il tutto per fornire un’indicazione utile in più ai risparmiatori che sono tornati a guardare ai fondi con interesse. L’analisi confronta la posizione nella classifica dei total return del periodo maggio 2013-maggio 2014 con quella registrata nell’anno successivo, ossia da maggio 2014 a maggio 2015. In base ai risultati è stata elaborata la lista dei money manager che rispetto al 2013-2014 hanno scalato più posizioni.
D’altra parte l’andamento ad alta volatilità dei mercati offre ampie possibilità ai gestori per modificare, si spera migliorandole, le performance dei fondi.
Nella categoria «azionario Italia» spicca Gilles Guibout, alla guida del fondo Axa Wf Framlington Italy. Nell’ultimo anno Guibot ha registrato un rendimento del 16,3% (contro il 12,2% medio della categoria e il 9% dell’indice Ftse Italia All Share) arrivando salendo al quinto posto (su 27) e scalando 12 posizioni. Il gestore ha registrato un buon primo trimestre 2015, con un +28,8%, mentre ad aprile e a maggio il risultato è stato inferiore, rispettivamente +0,18 e +3,4%, ma comunque è riuscito ad assorbire gli scossoni verificatisi sui mercati a partire da aprile con la prima fuga dai Bund che ha innescato la volatilità sull’azionario, acuita poi dalla crisi greca. Tra i principali titoli, Guibout, che gestisce il comparto dal 2006, ha in portafoglio Unicredit, Intesa Sanpaolo, Cnh, Bpm, Prysmian,Mediobanca e Fineco. Da menzionare anche la rincorsa di Leon Howard-Spink, gestore di Schroder Isf European Special Situations, che partendo dalle ultime posizioni (era 184° su 189) nel giro di un anno è salito al nono posto con un +28,7%.
Nei primi cinque mesi del 2105 il suo fondo ha reso il 23,8%, contro il 18,7% dell’indice di borsa Msci Europe. Non è stato da meno John Leonard, gestore del fondo Ubs Us Opportunity («azionario Usa»), che dal 146° posto è salito al nono grazie a un +44,8%.
Ma è sul fondo Patrimoine, cavallo di battaglia di Carmignac Gestion, che molti puntano l’attenzione. «Dopo un paio di anni deludenti la strategia ammiraglia di Carmignac Gestion ha attratto buoni flussi», spiega la società. «La nostra convinzione nella capacità del fondo di far meglio dei concorrenti resta elevata». In effetti, dalle elaborazioni di Citywire risulta che il gestore Frédéric Leroux (che segue il fondo assieme a Edouard Carmignac e a Rose Ouahba) si è arrampicato dal fondo classifica fino al podio grazie a un +21%: a fine maggio 2014 era 86° su 91, un anno dopo si è ritrovato terzo. Patrimoine è un bilanciato flessibile che in Italia ha avuto un boom di raccolta dopo il rendimento del 2008, quando ha reso lo 0,01% mentre il mercato crollava. Grazie a Patrimoine Carmignac si è trasformata in pochi anni da boutique radicata in Francia a un caso di scuola, i suoi asset sono saliti dagli 8 miliardi del 2006 agli attuali 58 miliardi, di cui 24,4 appannaggio di Patrimoine. D’altra parte il fondo della società indipendente parigina, che ha fatto in passato anche scelte controcorrente, ha dato soddisfazioni a chi ci ha scommesso: il rendimento dell’ultimo decennio è del 116,7% rispetto all’81,7% del benchmark. (riproduzione riservata)