Parte da Londra e da Washington la stretta alle aziende che occupano personale in Paesi ritenuti ad alto tasso di rischio, per instabilità geopolitica e regimi troppo spesso incapaci di garantire sicurezza entro i propri confini. Ma anche dopo gli attentanti di inizio anno a Parigi, Sidney e Copenaghen, e quelli più recenti di Lione, in Tunisia e in Kuwait avvenuti in zone certamente non nella black list, si sta rimodulando in modo più restrittivo l’intero segmento assicurativo che copre anche l’ambito kidnap&ransom (rapimento e riscatto), con alcune esclusioni e inasprimenti che si sono visti necessari una prima volta all’indomani dell’11 settembre e poi negli ultimi mesi.
“Ma la materia è sempre più fluida anche alla luce della recente apertura del Presidente Obama, per cui gli Stati Uniti non perseguiranno più i parenti delle persone rapite all’estero che cercano di negoziare con i terroristi e pagare un riscatto – commenta Alessandro De Felice, Presidente di ANRA. Una decisione questa che potrebbe modificare e molto il mercato assicurativo, aprendolo a nuove soluzioni. Per quanto attiene l’Italia queste coperture da un punto di vista legale, se emesse nel nostro Paese, potrebbero essere nulle in riferimento al codice civile (art. 1346 illiceità dell’oggetto assicurato), anche in considerazione del fatto che è sempre lo Stato italiano a gestire le trattative con i rapitori in queste circostanze”.
Osservando i Paesi anglosassoni, ad esempio il Governo del Regno Unito ha introdotto nelle scorse settimane una norma anti terrorismo che obbliga le società di fornitura dei servizi internet a rilasciare i dati degli utenti alle autorità e ai servizi di intelligence. Lo stesso provvedimento intende limitare anche il movimento di persone che vogliono andare a combattere le organizzazioni estremiste e inibirà le compagnie assicurative dal fornire una copertura mirata in caso di rapimenti e conseguenti richieste di riscatto. Mentre il Senato Usa ha in queste settimane rinnovato il Terrorism risk insurance act (Tria o Tripra) portando la durata fino al 2020, alzando il tetto di intervento del fondo e introducendo una maggiore partecipazione dei riassicuratori.
“Come responsabili dei rischi in azienda – commenta Alessandro De Felice, Presidente di ANRA– stiamo osservando con grande attenzione e preoccupazione alla recrudescenza di matrice terroristica che in alcune aree del mondo colpisce anche il personale impiegato dalle nostre imprese. È notizia di questi giorni come in Libia, che si colloca all’ottavo posto nella Mappa dei Rischi Politici 2015 realizzata da Marsh e BMI, l’avanzata dell’ISIS abbia reso necessario il rimpatrio immediato sia del personale della nostra Ambasciata, l’ultima che era rimasta sul territorio, sia dei dipendenti di aziende come l’Eni che hanno interessi economici rilevanti nel Paese. Di contro la mia azienda pur non impiegando personale in zona continua a ricevere ordini che vegono onorati dalle controparti. Anche il rapporto Allianz Risk Barometer 2015 presenta le conseguenze di crisi geo-politiche e sociali al 9° posto tra i rischi più sentiti (ma 8° nell’area EMEA), ovvero un rischio potenziale per le imprese che nell’ultimo anno ha scalato ben nove posizioni, con un tasso di crescita tra i maggiori (11%). Se in Europa la situazione più critica riguarda ancora Ucraina e Russia, gli eventi dovuti a guerra e terrorismo sono oggi percepiti come la seconda causa principale di interruzione della filiera produttiva (53%) dopo le calamità naturali, tanto da essere identificati come una delle principali sfide per le aziende nella gestione dei rischi per i prossimi cinque anni. Più in generale, va sottolineato che l’industria delle assicurazioni si è attrezzata in modo puntuale per gestire e coprire i rischi derivanti dalla presenza di personale aziendale in aree del mondo calde, in cui i rapimenti dei lavoratori e le conseguenti azioni di riscatto sono all’ordine del giorno.”
“È evidente che uno degli aspetti che maggiormente preoccupano le aziende dei paesi occidentali è soprattutto il rischio di rapimento dei propri connazionali – continua Alessandro De Felice, Presidente di Anra. E stiamo parlando di un rischio molto più diffuso e esteso geograficamente del rischio di attentati a elevato impatto. Proprio la comparsa di un attore particolarmente brutale nella sfera jihadista, come l’Isis, ha aumentato i rischi per gli occidentali, a maggior ragione perché la richiesta di riscatto è stata sostituita dalla minaccia di esecuzione, che ha un maggiore impatto mediatico”.
Cosa succede in UK e in USA
Si chiama Pool Re, il gruppo di compagnie che, con il supporto dello Stato inglese, si sostengono in caso di indennizzi troppo elevati conseguenti ad atti terroristici. Fu ideata nel 1990 quando il governo di Sua Maestà temeva che gli attentati dei gruppi militanti irlandesi avrebbero potuto colpire gli immobili commerciali non assicurati, ma venne formalmente istituita nel 1993, dopo un’ondata di attacchi dell’IRA alla City di Londra. La maggior parte delle compagnie di assicurazione che coprono immobili commerciali vi partecipano e ogni assicuratore deve pagare le perdite fino ad una certa soglia, che è determinata individualmente per tale assicuratore. Quando le perdite superano tale soglia, l’assicuratore attinge alle riserve accumulate dal settore assicurativo su base di reciprocità all’interno della Pool Reinsurance Company Limited (Pool Re). Qualora le perdite per terrorismo superino queste riserve, Pool Re può, a sua volta, ottenere fondi dal governo per consentire pienamente il rispetto dei suoi obblighi, indipendentemente dalla scala delle perdite. La più grande perdita di Pool Re fino ad oggi è stata di £260 milioni per i danni bomba Bishopsgate nella City di Londra nel 1993. Proprio in queste settimane una recente azione sul mercato di Londra da parte del Pool Re fa ritenere che la politica verso i rapimenti stia cambiando, e che la copertura Kidnap&Ransom possa subire un aumento di prezzo e limitazioni importanti sulla base del gruppo che ha compiuto il rapimento: infatti, la legge britannica definisce illegale il pagamento di riscatti a gruppi terroristici politici, di cui esiste una lista definita stilata dal governo. All’origine della decisione, potrebbe esserci una stretta definita dal governo inglese per tentare di ridurre il rischio di rapimento di cittadini britannici a scopo di estorsione da parte dell’Isis.
Anche il Senato Usa ha in queste settimane rinnovato il Terrorism Risk Insurance Act (TRIA) portando la durata fino al 2020, introducendo un innalzamento del tetto d’intervento del fondo e una maggiore partecipazione dei riassicuratori. L’approvazione del decreto, la cui validità era scaduta il 31 dicembre scorso, è rimasta in dubbio per un lungo periodo, durante il quale Democratici e Repubblicani si sono vicendevolmente accusati di averne bloccato l’iter, lasciando gli assicuratori del mercato americano esposti a imprevedibili accumulazioni di rischio nelle aree ad alta densità di popolazione, come le grandi città di New York, Chicago, Los Angeles. La legge federale era stata emanata dal Congresso dopo l’attacco dell’11 settembre 2001 al World Trade Center, di fronte all’impossibilità di fornire copertura per il rischio del terrorismo da parte degli assicuratori americani, e nel timore che eventuali ulteriori attacchi potessero danneggiare in modo definitivo l’economia degli Stati Uniti. Un ampliamento è intervenuto sia nel 2005 e poi ancora nel 2007, quando è diventata Terrorism risk insurance program reauthorization act (Tipra). È stato così imposto agli assicuratori operanti nel mercato americano di prestare copertura per azioni di terrorismo con danni a persone o cose entro i confini degli Stati Uniti, in cambio di un sostegno governativo determinato da un apposito budget, previsto a livello federale.