di Claudia Cervini
Nonostante l’auspicio espresso dal presidente Cesare Castelbarco Abani ieri a Milano, il primo giorno di aumento di capitale di Banca Carige è andato come da copione, cioè all’insegna della volatilità, con azioni e diritti finiti sull’ottovolante. Nel primo giorno dell’operazione da 850 milioni di euro (33 milioni il costo delle commissioni), sotto pressione sono finiti soprattutto i diritti d’opzione: se infatti le azioni ordinarie hanno terminato le contrattazioni in aumento dell’1,8% a 1,75 euro, i diritti sono stati sospesi a più riprese scivolando infine del 16,75% a 3,23 euro.
Venendo ai volumi, è stato scambiato circa il 6% del capitale ordinario (pre-aumento) e circa il 3,5% dei diritti sul mercato. In base al prezzo di chiusura di venerdì (5,605 euro), il combinato di azione e diritto ha registrato un calo dell’11%. Come già sottolineato da MF-Milano Finanza (si veda l’edizione del 6 giugno) per un socio che non aderisse pro-quota all’aumento, la diluizione sarebbe dell’87,5% (va ricordato che l’operazione prevede l’emissione di 7 nuove azioni per ognuna esistente, al prezzo di 1,17 euro).
Il trend di ieri dimostra ancora una volta l’andamento schizofrenico di operazioni di questo genere. Solitamente nelle prime sedute i prezzi di azioni e diritti convergono per chiudere la forbice, con il rialzo delle prime e il crollo dei secondi. Un trend accentuato dalle ricoperture, visto che chi aveva una posizione corta sul titolo Carige, con l’avvio dell’aumento si ritrova ad avere una posizione short anche sui diritti e quindi il livello di rischio assunto aumenta. Così gli investitori iniziano a ricoprirsi. Questo fenomeno interessa soprattutto chi ha venduto opzioni call sulle azioni. In questo caso infatti l’investitore dovrà riconsegnare al cliente molti più titoli rispetto a prima, visto che il moltiplicatore del titolo alla base delle opzioni aumenta vistosamente. Come dimostra il caso del Montepaschi, esaurite in qualche seduta queste tensioni iniziali, la situazione dovrebbe stabilizzarsi. A quel punto, con un prezzo del titolo al di sotto del valore teorico iniziale (che nel caso di Carige si attesta a 3,88 euro), per il socio l’esercizio del diritto dovrebbe diventare il modo più economico per investire sul titolo. Castelbarco, con riferimento al primo giorno di aumento, si è limitato a notare che si tratta di movimenti «in linea con gli altri aumenti». Il presidente si è detto fiducioso sul buon andamento dell’operazione. «Noi abbiamo fatto il massimo per fare le cose nel modo corretto. Spero che il mercato apprezzi e gli azionisti sottoscrivano», ha aggiunto. In merito alla cessione di Banca Cesare Ponti, il presidente ha sottolineato che una decisione verrà presa dal consiglio di amministrazione a fine mese. L’istituto era stato messo in vendita per rimediare al gap di capitale riscontrato dalla Bce, ma con una ricapitalizzazione passata dai 750 milioni stabiliti inizialmente a 850 milioni, e con un nuovo primo azionista liquido come Malacalza, Carige potrebbe fare dietrofront sulla vendita. (riproduzione riservata)