Rony Hamaui, Amministratore Delegato di Mediofactoring e docente di Economia Monetaria all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è il nuovo Presidente di Assifact, l’Associazione Italiana per il Factoring che riunisce gli operatori del settore.
Il volume d’affari del factoring in Italia, che su base annuale vale circa l’11% del Pil, nel primo quadrimestre (gennaio-aprile 2014) è risultato pari a circa 53 miliardi di euro, in crescita del 4,41% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il mercato italiano rappresenta l’8% del mercato mondiale e il 13% di quello europeo. L’Italia costituisce il primo mercato europeo per il volume di operazioni di factoring internazionale (il terzo al mondo dopo Cina e Taiwan).
Nel secondo trimestre del 2014 gli operatori del settore si aspettano un’ulteriore crescita del turnover pari a +2,23%; l’attesa media di crescita è positiva anche per l’intero anno 2014.
RITARDI DEI PAGAMENTI
Al centro del dibattito dell’assemblea di Assifact, la settimana scorsa a Milano presso la sede di Unicredit, ancora una volta i ritardi dei pagamenti dei crediti commerciali, a cominciare da quelli della Pubblica Amministrazione, e le difficoltà di accesso al credito bancario da parte delle piccole e medie imprese. I risultati dell’ultima indagine di Intrum Justitia (European Payment Index 2014) non sono confortanti per l’Italia: a fronte di una media europea di 47 giorni (erano 49 nella precedente rilevazione) nei pagamenti commerciali, nel nostro Paese i privati pagano mediamente dopo 75 giorni, le aziende dopo 94 giorni e la Pubblica Amministrazione dopo 165 giorni. Nonostante un leggero miglioramento, ci vogliono quindi ancora più di tre mesi per incassare un credito da un’azienda italiana, mentre per essere pagati dalla Pubblica Amministrazione di mesi occorre aspettarne quasi sei.
Il monitoraggio della concreta attuazione della direttiva contro i ritardi di pagamento, effettuato periodicamente da Assifact tra gli Associati, conferma la percezione di un recepimento formale più che sostanziale in questo primo anno di applicazione della normativa di recepimento della nuova direttiva. Il recepimento nei contratti appare consolidarsi sia nei contratti fra privati che nelle transazioni con enti pubblici. Con riferimento al miglioramento nei ritardi di pagamento a seguito dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, la percezione degli Associati si conferma ancora moderatamente positiva.
SOLUZIONI INNOVATIVE PER FINANZIARE LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE
La proposta di soluzioni per i ritardi dei pagamenti e per contrastare la drammatica restrizione del credito alle imprese è stata la centro della tavola rotonda “Supply Chain Finance: benefici e opportunità per imprese e intermediari finanziari”. Coordinati da Renato Martini, Amministratore Delegato di Unicredit Factoring, hanno partecipato Rony Hamaui, Amministratore Delegato di Mediofactoring del gruppo Intesa Sanpaolo, Paolo Licciardello, Amministratore Delegato di EmilRo Factoring, Marco Clera Direttore Commerciale di Ifitalia, Stefano Ronchi, professore associato al Politecnico di Milano e responsabile scientifico dell’Osservatorio Supply Chain Finance e John Brehcist di RoundWindow Consultancy Service e Coordinatore dell’EU Federation for the Factoring and Commercial Finance Industry (EUF).
L’allungamento dei tempi di pagamento – è stato sottolineato nel dibattito – determina un maggior fabbisogno finanziario per sostenere il capitale circolante, cioè l’insieme di crediti commerciali e scorte, al netto dei debiti commerciali. Questo fenomeno, tuttavia, si scontra con la contrazione del credito e l’aumento dei costi relativi, creando una situazione molto difficile per le imprese, che si somma alle molteplici difficoltà di mercato che devono affrontare. In questo contesto, il ritardo nei pagamenti di un cliente spesso si trasforma in un ritardo nei pagamenti al fornitore, trasmettendo e amplificando il fenomeno lungo la Supply Chain (catena di fornitura, o filiera).
LA SUPPLY CHAIN FINANCE
Con il termine anglosassone “Supply Chain Finance” (letteralmente: finanza della catena di fornitura) si definisce un insieme di soluzioni tecnologiche e finanziarie che uniscono le imprese cardine della catena, i loro fornitori, istituti finanziari e fornitori di servizi tecnologici. Sull’esempio del Regno Unito, che lo ha già fatto, ora anche il Governo italiano intende favorire lo sviluppo di forme di finanziamento al sistema produttivo alternative al credito bancario tradizionale.
Le soluzioni di Supply Chain Finance, tra le quali rientrano anche le forme più evolute di factoring, mirano a ridurre lo sbilanciamento tra domanda e offerta di capitale attraverso il ricorso a collaborazioni innovative che si basano su una conoscenza approfondita delle dinamiche del business. L’ottica è di sostenere clienti e fornitori strategici. Le leve tramite cui queste soluzioni innovative creano valore, come ha sottolineato nel suo intervento il prof. Stefano Ronchi del Mip, sono tre:
– Agevolazione nell’accesso al credito, sia per quanto riguarda le condizioni finanziare, sia perché si estende l’accesso al credito anche a soggetti che difficilmente potrebbero essere oggetto di condizioni paragonabili se si adottassero le logiche tradizionali.
– Minore costo del credito, in quanto l’accesso a un maggior numero di informazioni di elevata qualità migliora il calcolo dei rating di rischio.
– Riduzione del fabbisogno complessivo, grazie ad una gestione collaborativa finalizzata a ridurre il capitale circolante o distribuirlo in modo ottimale in base alle capacità finanziarie dei diversi “anelli” della catena, mantenendo inalterato il livello di servizio verso i clienti finali.
Ronchi ha presentato i principali risultati della Ricerca 2013-2014 dell’Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano, realizzato con la collaborazione di Assifact, evidenziando il “crescente interesse di aziende e Pubbliche Amministrazioni verso le nuove opportunità di collaborazione lungo le filiere consentite dalle soluzioni di Supply Chain Finance in una fase di crisi economico finanziaria che dura dal 2008 e che è caratterizzato da grandi difficoltà di accesso al credito bancario”. “La presenza di un istituto finanziario, anche in questi contesti – ha sottolineato Ronchi – può portare valore aggiunto”.
IL REVERSE FACTORING
In questa prospettiva sempre più società di factoring stanno entrando anche in Italia nel business del cosiddetto “reverse factoring”, o factoring indiretto, con il quale un’azienda cliente sottoscrive un accordo/convenzione con una società di factoring, la quale acquista e gestisce i crediti dei fornitori dell’azienda cliente per sostenere la catena e ottimizzare nel contempo i flussi di cassa.
In molti casi il sistema prevede per la realizzazione dell’operazione una piattaforma tecnologica web, collegata con i sistemi di gestione aziendale, a cui i fornitori e l’istituzione finanziaria si possono collegare.
Una soluzione che in alcuni Paesi– come ha testimoniato il rappresentante della federazione europea del factoring John Brehcist – vive già una tendenza evoluta: gli operatori stessi possono collegarsi alle piattaforme di vendita dei crediti e acquistare quello che gli serve.